Sono 18 i tavoli di crisi che, allo stato attuale, riguardano altrettante aziende dell’area industriale di Bari, per un totale di 2.228 lavoratori coinvolti. A dirlo è Gigia Bucci, segretaria locale della Cgil, durante l’incontro svoltosi ieri nel salone del Consorzio Asi sul futuro dell’industria barese, lanciando un appello a Pierluigi Vulcano, neo presidente dell’Area di sviluppo industriale, che nelle intenzioni della sindacalista «deve diventare la casa delle lavoratrici e dei lavoratori. Vogliamo che si crei uno spazio sindacale unitario – spiega Bucci – che possa essere vissuto da tutte e tutti in assemblee, un luogo aperto a chi produce lo sviluppo industriale, un luogo democratico».
L’elenco delle vertenze baresi è lungo. Dai 114 dipendenti Baritech rimasti senza lavoro ai 195 dell’Italian Leather Group sotto contratto di solidarietà sino a giugno, passando per i 128 lavoratori Selectika, di cui solo 12 impegnati part-time a fronte degli altri 116 che da 11 anni sono in attesa di un recupero occupazionale. Senza dimenticare i 63 lavoratori in solidarietà dell’azienda chimica D’Agostino e quelli dei settori del tessile e dell’abbigliamento, che oggi contano più di 200 persone licenziate. Per mettere un freno a questa situazione, secondo Bucci, bisogna avviare «un nuovo approccio politico di tipo collettivo e confederale rispetto al comparto industriale. I problemi dei lavoratori della Baritech, della Bosch o altri, sono vertenze di tutti e non della singola categoria. Dobbiamo governare le transizioni, renderle inclusive e democratiche, altrimenti ci troveremo a gestire le dimissioni industriali con il rischio di diventare altro e lentamente morire, allontanandoci sempre più dal modello di Paese che è stato, e cioè industriale e manifatturiero».
«L’area metropolitana di Bari – commenta Ciro D’Alessio, segretario della Fiom – è coinvolta all’interno della discussione rispetto al futuro dell’industria e a quali strategie mettere in campo per affrontare la crisi che attraversa i vari settori. Aziende come Bosch, Getrag o Magneti Marelli per quanto riguarda il settore dell’automotive e aziende come Engie o AC Boilers (ex Ansaldo caldaie di Gioia del Colle) nel settore dell’energia, nei prossimi anni subiranno o un forte ridimensionamento di personale o la chiusura totale del sito. Nonostante i ripetuti appelli, non esiste ancora una vera politica industriale che miri a una reale riconversione delle aziende verso produzioni di nuova generazione. Ciò che chiediamo è un’unica cabina di regia che coordini gli interventi e dia una prospettiva generale all’industria del nostro Paese», conclude D’Alessio.
«Da oltre un anno – spiega Saverio Fraccalvieri, numero uno della Filctem Bari – sul nostro territorio stiamo fronteggiando una serie di crisi occupazionali di diverse imprese, in vari settori dell’industria, tanto da parlare di vera e propria “vertenza area metropolitana barese”». Sul tavolo non c’è solo il caso Baritech, dove i lavoratori in Naspi attendono una ricollocazione, ma anche quelli del Palace Hotel e quelli che da anni usufruiscono degli ammortizzatori sociali come Natuzzi e Italian Leather Group. «Seguiamo un’area in cui convivono pezzi di eccellenza capaci di attirare investimenti anche nel campo della farmaceutica, come la Merck Serono o aziende come la Bridgestone che, nonostante la crisi degli ultimi anni, tornano a recuperare terreno – aggiunge Fraccalvieri -. Seguiranno aziende come la ex Om Carrelli che stentano ad avere un futuro e attendono da anni la riconversione e il recupero occupazionale. Questa disamina ci fa capire quanto il nostro comparto industriale necessiti di urgenti investimenti in tecnologia, in innovazione di processo, in formazione delle maestranze. Abbiamo chiesto alle Istituzioni del territorio – continua il sindacalista – di attivare un tavolo per trovare percorsi di riconversione industriale e recupero di quei lavoratori espulsi da aziende in crisi o da quelle che hanno cessato l’attività. Oggi chiediamo di fare squadra, di chiedere a quelle aziende che vengono ad investire e che presentano richieste di sostegno pubblico, che si impegnino a ricollocare i lavoratori provenienti da situazioni di crisi, soprattutto quei dipendenti che anagraficamente hanno maggiore difficoltà a trovare una ricollocazione».