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Centrale Enel a Brindisi, l’allarme: «Si rischia la bomba sociale». In bilico 1.800 posti di lavoro

Franco Gentile, presidente del Cna Brindisi (la confederazione delle piccole e medie imprese) fa il punto sulla decorbonizzazione, lanciando proposte e chiedendo un impegno concreto al governo centrale. «Quando si parla della chiusura della più grande centrale elettrica d’Italia - dice - il governo nazionale non può e non deve essere un semplice spettatore. L’altro…

Franco Gentile, presidente del Cna Brindisi (la confederazione delle piccole e medie imprese) fa il punto sulla decorbonizzazione, lanciando proposte e chiedendo un impegno concreto al governo centrale. «Quando si parla della chiusura della più grande centrale elettrica d’Italia – dice – il governo nazionale non può e non deve essere un semplice spettatore. L’altro giorno c’è stato un incontro al ministero delle Imprese. «Probabilmente a Roma non erano ben chiari i termini della crisi che investe il territorio brindisino ed è questo il motivo per cui ho fornito alcuni dati da cui emerge con chiarezza che siamo davvero vicini al collasso. Basti pensare che a causa della chiusura della centrale di Cerano, della dismissione del P9T da parte di Basell e dell’eventuale chiusura dello stabilimento EuroApi (con i relativi indotti), 1.763 addetti potrebbero perdere il loro posto di lavoro. Una cifra enorme – spiega Basile – per una città come Brindisi, la cui economia rischia di deflagrare attraverso un pericolosissimo effetto-domino che inevitabilmente andrebbe a coinvolgere anche il terziario e tutti gli altri settori produttivi».

Per Cna è inaccettabile che Enel, partecipata dallo Stato, non abbia predisposto un piano anche per le aziende dell’indotto. «Se ne va da un territorio dopo 50 anni senza nemmeno avvertire la necessità di dire “scusate, ho finito di trarre profitti e me ne vado”. Anzi è accaduto di peggio, visto che negli ultimi 5-6 anni l’Enel ha raccontato che non avrebbe lasciato a terra nessuno.

Ci ha parlato di una centrale a gas impiegando imprese e lavoratori dell’indotto anche nella fase di costruzione, della possibilità di realizzare un dissalatore, così come un impianto per la produzione di idrogeno green. Ed ancora, si è parlato di uno stabilimento per la produzione di componenti per pannelli fotovoltaici, della installazione di batterie e di campi fotovoltaici. Poi è stato il momento delle pale eoliche innovative e, dulcis in fundo, la creazione di una grande base logistica, riutilizzando le ciclopiche infrastrutture esistenti, proprio a Brindisi nel cuore del Mediterraneo.

Di tutto questo purtroppo oggi non è rimasto proprio nulla. Ora governo ed Enel si devono assumere le loro responsabilità nei confronti del territorio brindisino, per evitare un vero e proprio disastro sociale. Cna chiede al governo di mettere mano al progetto di Enel e Terna per la realizzazione di una centrale a gas (per il quale è stata rilasciata la Via, attualmente con procedimento sospeso su richiesta della stessa Enel), agari attingendo dai fondi del Pnrr. Nel frattempo, per Cna la centrale deve lavorare almeno fino al 2026, per programmare il processo di decarbonizzazione, senza che questo crei un vero e proprio dramma sociale.
Vittorio Ricapito

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