Grottaglie, cassa integrazione per mille lavoratori alla Leonardo: è rottura con i sindacati

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Si fa più difficile la situazione alla Leonardo di Grottaglie. L’azienda ha comunicato l’avvio della cassa integrazione per quasi mille lavoratori (dei 1500 impiegati) a zero ore per tredici settimane, fino ai primi di novembre. I sindacati ritengono «del tutto insoddisfacente» l’incontro con l’azienda e minacciano proteste. La decisione è figlia dello stop forzato agli impianti del sito di Grottaglie per via della monocommittenza con l’americana Boeing, per la quale vengono costruite parti delle fusoliere. Il colosso statunitense non ha ritirato decine di ordini, che ora giacciono nei piazzali della Leonardo, al punto che la fabbrica è costretta a fermarsi per quattro mesi.

Lo strappo

La cassa integrazione è per i sindacati metalmeccanici, una scelta, seppur annunciata, «unilaterale», che genera «uno strappo inutile ed evitabile nei tempi e nei modi». Per Fiom, Fim e Uilm, le scelte strategiche andrebbero prese con le parti sociali per raggiungere un’intesa nell’interesse di tutti i lavoratori, soprattutto in un periodo già critico sotto l’aspetto delle relazioni sindacali che sta fortemente interessando il sito di Grottaglie. E oltre a minacciare forti azioni di lotta, se non arriverà condivisione sulla diversificazione e il futuro dello stabilimento, i sindacati a partire da ieri hanno dichiarato sospese «le relazioni sindacali di sito, confermando il blocco degli straordinari e di ogni forma di flessibilità».

Manca un piano industriale

Le sigle metalmeccaniche sostengono che nel confronto con Leonardo «non si è discusso minimamente degli investimenti annunciati, rinviando ulteriori approfondimenti al 15 luglio, in concomitanza dell’informativa annuale della divisione Elicotteri. In quell’occasione – dicono le sigle – pretenderemo che si discuta concretamente del piano industriale di rilancio del sito, con dettagli sugli investimenti, tempistiche e ricadute occupazionali». Ed anche sullo stop di 4 mesi, confermato da Leonardo, Fim, Fiom e Uilm reputano la scelta «inappropriata, continuando a sostenere la possibilità di tenere aperto il sito con una produzione ridotta, soprattutto a salvaguardia dei lavoratori dell’indotto e dell’appalto». Posizione confermata dal segretario generale della Fim Cisl Michele Tamburrano. «Siamo preoccupati – dice – per le conseguenze della chiusura forzata e ribadiamo l’esigenza di conoscere nel concreto il progetto del convertiplano, investimenti, tempistiche e unità necessarie. La gestione del contingente va di pari passo con lo sviluppo del futuro ribadendo che preferiamo un rallentamento ad una chiusura duratura dello stabilimento.

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