Baritech, i sindacati diffidano l’Asi. Task-force regionale sotto accusa: «Doveva essere più incisiva»

La posizione è unitaria, la linea è comune. Dopo la riunione di ieri pomeriggio nella quale Cgil, Cisl e Uil hanno fatto il punto della situazione sul caso Baritech a seguito dell’accordo che l’azienda ha sottoscritto con Conserva SpA per la cessione dei terreni, la richiesta dei sindacati è quella di un intervento urgente della task-force regionale, accusata di essere stata sinora poco incisiva. «Chiediamo che la task-force convochi immediatamente un tavolo insieme al Consorzio Asi e ai sindaci della città metropolitana perché dobbiamo riprendere il ragionamento lasciato in sospeso mesi fa per Baritech – hanno detto Saverio Fraccalvieri, Pino Analcerio e Filippo Lupelli, rispettivamente segretari di Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil -. Negli ultimi incontri tenuti in prefettura l’Asi si era impegnata a darci una mano su questa vertenza, ma ora sembra propensa a concedere il benestare per la vendita dei suoli a Conserva e per questo diffidiamo il Consorzio a non rilasciare nessuna forma di autorizzazione che permetta a questa azienda di appropriarsi dei suoli. Dobbiamo ricostruire il tavolo Baritech alla presenza di questo nuovo potenziale acquirente. Asi – hanno detto i tre segretari – non faccia nessuna forzatura e non anticipi il via libera».

Secondo quanto emerso nelle ultime ore, infatti, l’azienda bresciana avrebbe trovato l’accordo per cedere ai bitontini di Conserva i terreni siti nella zona industriale tra Bari e Modugno, ormai liberi dal “fardello” dei 113 lavoratori licenziati lo scorso 1 febbraio. Per rendere effettivo questo accordo, però, è necessaria un’autorizzazione da parte del Consorzio dell’Area di sviluppo industriale del capoluogo in quanto ente proprietario dei terreni. Nei prossimi giorni l’Asi avvierà un’istruttoria al termine della quale, tra circa una ventina di giorni, deciderà se emettere o meno un’autorizzazione, totale o parziale, al trasferimento dei suoli.

Nella riunione di ieri non si è potuto evitare di sottolineare la scarsa incisività e l’inadeguatezza sinora mostrata dalla task-force regionale: «Per quanto ci riguarda – dicono i tre sindacalisti – questo ente ha convocato per Baritech 14 tavoli e alla fine non ha trovato, almeno al momento, nessuna soluzione. Parliamo di 14 incontri con altrettanti possibili acquirenti che si sono presentati al tavolo senza però riuscire a salvare l’azienda e i lavoratori. Il nostro interlocutore per la vertenze è la task-force, per questo chiediamo di re-incontrarci per cercare di recuperare ciò che non è stato risolto in tutti questi mesi. Sarebbe dovuta essere più incisiva (soprattutto nella richiesta di ricollocazione dei lavoratori) considerando che tutti questi manifestatori di interesse di attività produttive vengono qui per chiedere anche i finanziamenti elargiti dalla Regione Puglia».

Intanto i 113 lavoratori sono senza lavoro da più di 8 mesi. Tra loro ci sono decine di persone che ricevono la NASpI, un reddito spesso irrisorio che non riesce garantire il sostentamento delle famiglie. Molti di questi hanno tra i 50 e i 60 anni e sono quindi difficilmente re-impiegabili in altre mansioni, sia per l’età che per la specializzazione acquisita nel corso del tempo. In più, come se non bastasse, la Baritech non avrebbe ancora pagato i trattamenti di fine rapporto (Tfr), spingendo circa una settantina di loro ad adire alle vie legali e chiedere il pignoramento dei terreni dello stabilimento di via delle Ortensie 16. Quegli stessi terreni che ora l’azienda bresciana vorrebbe vendere alla Conserva SpA. Su questa situazione, come hanno confermato i rappresentanti sindacali, pesa l’inadeguatezza e l’inefficienza mostrata dalla task-force regionale, che non sarebbe stata capace di cogliere nessuna delle numerose offerte giunte al tavolo di crisi, spesso senza nemmeno fornire adeguata spiegazione. Una di queste fu proposta da una cordata di imprese pugliesi che avevano intenzione di trasformare lo stabilimento barese in un polo regionale per la logistica farmaceutica. Quel piano prevedeva peraltro anche la salvaguardia di tutti i posti di lavoro. Ma non fu mai accettato.

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