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A Bari aumentano le offerte di occupazione: è caccia a 30mila lavoratori

Le imprese baresi cercano personale, 10.780 per il solo mese di luglio e 28.540 per il trimestre luglio-settembre. Numeri che fanno ben sperare ma che con un’analisi approfondita raccontano di un tessuto imprenditoriale formato nella quasi totalità dei casi di microimprese che cercano laureati solo nel 14% dei casi. Sono i dati del report di…

Le imprese baresi cercano personale, 10.780 per il solo mese di luglio e 28.540 per il trimestre luglio-settembre. Numeri che fanno ben sperare ma che con un’analisi approfondita raccontano di un tessuto imprenditoriale formato nella quasi totalità dei casi di microimprese che cercano laureati solo nel 14% dei casi. Sono i dati del report di UnionCamere con il sistema informativo Excelsior, che chiede direttamente alle imprese chi e con quali qualifiche stanno cercando.

Cominciamo dai numeri positivi, rispetto allo stesso trimestre di un anno fa vengono ricercati 1.290 lavoratori in più, 220 nel solo mese di luglio, e il 29% delle ricerche è rivolto a giovani under 30. Un primo dato, quest’ultimo, che stride con un altro: nel 70% delle ricerche è richiesta una specifica esperienza pregressa. Difficile che un giovane abbia esperienze pluriennali e in un solo settore. Ancora, solo nel 20% dei casi le entrate previste saranno stabili, con un contratto a tempo indeterminato o di apprendistato, mentre nell’80% saranno a termine. Le entrate previste si concentreranno per il 74% nel settore dei servizi, soprattutto nel turismo, e per il 69% nelle imprese con meno di 50 dipendenti. Insomma, un tessuto imprenditoriale costituito da piccole realtà che cerca personale non troppo qualificato e comunque nella maggioranza dei casi solo per qualche mese.

Uno scenario che si completa con la lettura di altri dati, come sottolinea Giuseppe Boccuzzi, segretario generale Cisl Bari: «Le ricerche in terra di Bari sono in linea con i dati nazionali e, soprattutto, fanno il paio con quelli che riportano l’Italia tra i paesi con il più basso tasso di laureati in Europa. In sostanza, stiamo dicendo ai ragazzi che per lavorare non serve studiare e loro lo stanno recependo benissimo, quindi nessuno si lamenti di ciò che ha provocato». Come è cambiata la situazione in due decenni è evidente, continua Boccuzzi: «Solo 20-25 anni fa il titolo di studio era garanzia di buona occupazione, anche dal punto di vista economico. Oggi sembra quasi non servire, in un tessuto imprenditoriale che si fa concorrenza sul prezzo, e non sulla qualità, e quindi cerca di risparmiare sul personale più che può».

Prova a dare una soluzione il presidente di Confimi Puglia, Sergio Ventricelli: «Una cultura imprenditoriale fondata sul fai da te e senza strategia e programmazione non crescerà mai. Non solo in termini di dimensioni occupazionali ma anche di competizione sui mercati. Serve unirsi, mettersi insieme per diventare più grandi e competitivi e, di conseguenza, per attrarre talenti autentici». Poi un focus sul primo settore per ricerche in questo trimestre, ovvero il turismo. «Non ho paura – spiega Ventricelli – a definire l’esplosione turistica del territorio come un’emergenza, perché non eravamo pronti e tanto meno preparati. Il rischio è che si risolva tutto in un grosso boomerang perché spesso viene fornito un servizio non all’altezza, lasciando nel turista il ricordo di un posto bellissimo ma mal gestito».

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