Da sempre si parla della solitudine del portiere, un concetto valido ancora in parte. Da quando è stata introdotta la regola che vieta agli estremi difensori di raccogliere con le mani i retropassaggi, è cresciuto esponenzialmente il suo coinvolgimento nella manovra. Resta vero, però, che faccia reparto a sé e che abbia compiti specifici, che ne cambiano spesso il perimetro delle mansioni. Questo pomeriggio e domani, lo “Iacovone” di Taranto sarà teatro di uno stage, organizzato dall’asd “Alleniamo i numero 1”, il cui presidente è Gaetano Petrelli, preparatore dei portieri e con il non secondario dettaglio di avere nelle vene sangue tarantino.
Il curriculum racconta di un ampio spettro di esperienze in club di serie A, B e C, mentre attualmente ricopre a Coverciano il ruolo di docente e coordinatore dell’area portieri delle nazionali giovanili. Questa quinta edizione, allestita assieme al figlio Gian Mario che ne ha seguito le orme, si avvarrà di personalità che masticano calcio ad altissimi livelli. A disposizione dei 33 scritti ci saranno: Stefano Bonaccorso (responsabile preagonistica dell’Atalanta), Luca Castellazzi (preparatore dei portieri del Milan Under 17), Alfredo Magni (preparatore dei portieri del Monza), Stefano Baroncini (allenatore dei portieri della prima squadra Juventus Women) e Stefano Sorrentino (già portiere di Chievo, Palermo, Torino e Aek Atene e oggi commentatore nelle trasmissioni Mediaset). Sorrentino sarà l’ospite speciale della due giorni.
Sorrentino, come nasce l’intesa con Petrelli nell’ottica dello stage?
«Quando ci si ritrova tra portieri, indipendentemente dalle categorie e dalla frequenza dei rapporti, è come se si fosse tutti amici. Con Gaetano ci siamo incontrati sui vari campi e inoltre lui è responsabile dell’area dei portieri delle nazionali giovanili e avendo io preso diversi patentini per allenare è stato più semplice coinvolgermi».
Come va allenato un giovane portiere?
«Gli allenatori dei portieri sono sempre stati visti come figure secondarie dello staff, invece ora si sta andando verso la riabilitazione del ruolo. Infatti oltre a prepararlo a livello fisico deve curarne le prestazioni a livello tattico sia singolarmente che con il resto della squadra. Quindi è come se fosse un secondo allenatore. Inoltre è molto utile sulle palle inattive. Quando un tifoso valuta la prova di un portiere vede se abbia parato oppure no, ma invece dietro ogni intervento c’è la preparazione di una settimana».
Qual è l’importanza dei piedi per un estremo difensore?
«Tanta, anche se rimango vecchio stampo e quindi per me un portiere prima deve parare e poi essere bravo con i piedi. Molto dipende anche dall’età dalla categoria, da cui non è possibile prescindere. A volte mi capita di leggere statistiche di squadre di prima fascia, in cui il portiere tocca quasi gli stessi palloni di un centrocampista. Un portiere forte ad alti livelli deve essere bravo anche con i piedi».
Lei arriverà a Taranto una decina di giorni dopo l’uscita del Taranto dai playoff di Serie C: ha avuto modo di seguire la stagione dei rossoblù e del suo portiere Vannucchi?
«Seguo un po’ tutte le categorie e anche il Taranto perché il mio papà vi è stato come allenatore (stagione 2002/03, ndc). Quest’anno sulla panchina del Taranto è stato seduto Eziolino Capuano, che non mi ha mai allenato e che ha fatto molto bene. Non conosco bene Vannucchi, ma quando mi è capitato di vedere gli spezzoni delle gare, mi ha sempre dato la sensazione di essere un portiere affidabile, che in C fa la differenza e che potrebbe giocare anche in categorie superiori».
In serie A il Lecce si è salvato agevolmente, mentre il Bari ha mantenuto la B con un grande playout: secondo lei qual è lo stato di salute del calcio pugliese?
«Sul Lecce posso dirle che molti meriti vanno alla società, al direttore sportivo e anche a D’Aversa, perché è vero che ha sbagliato nella sua ultima partita in giallorosso, però ha fatto un grande lavoro. Così come Gotti, perché entrare in situazioni delicate non è mai semplice. Il Bari è passato dall’essere a dieci secondi dalla A, un anno fa, a dieci secondi dalla B. Se nella gara di andata al “San Nicola” il Bari ha rischiato molto, al ritorno non c’è stata partita. Società come Bari e Palermo devono essere parte di campionati di primo livello: sono un uomo del Sud e quando le squadre meridionali vanno bene, sono molto contento».
Come valuta Falcone, portiere dei giallorossi?
«Potrebbe tranquillamente giocare in una squadra di fascia alta di A. Ha inoltre una qualità: saper reagire prontamente a qualche errore e questo fa capire la sua forza mentale».
In vista dei prossimi Europei, Luciano Spalletti ha convocato Meret, Donnarumma, Vicario e Prevedel: sorpreso dall’esclusione di Carnesecchi?
«Sì, ma va detto che finalmente dopo l’invasione di portieri stranieri la scuola italiana è tornata la numero uno com’è sempre stata. Ai miei tempi ho dovuto combattere con l’invasione di colleghi stranieri. Spalletti ha avuto l’imbarazzo della scelta e ha comunque puntato su portieri che hanno disputato un grande campionato. Carnesecchi si rifarà».
È mai stato vicino a indossare la maglia di qualche squadra pugliese?
«Mai. Ho, però, dei bei ricordi legati alla Puglia, perché ho esordito a Lecce in A in un Lecce-Torino sotto un diluvio universale, mentre a Bari ho parato, sempre in A, un rigore a Donati. Il mio papà ha allenato diverse squadre in Puglia e quindi la regione è per me fonte di ricordi positivi».