Taranto, Kanoute si racconta: «Giocavo in strada a Dakar ora sono qui e sogno la B»

A suon di gol, quattro in quattordici gare, e di sorrisi e positività, Mamadou Kanoute è diventato imprescindibile per il Taranto e i suoi tifosi. Foggia, Monterosi, Crotone e Virtus Francavilla sono le sue vittime e ogniqualvolta abbia segnato i tre punti sono stati una diretta conseguenza. Non può trattarsi di una coincidenza, semplicemente il trentenne attaccante senegalese ha il buon vizio di prendere per mano la squadra e di portarla sulla strada della vittoria.

Mamadou Kanoute, lunedì prossimo contro la Casertana servirà un Taranto concentrato, ma anche la sua solita ottima prestazione: come arrivate alla sfida?

«È una partita importante, come tutte le altre disputate e che giocheremo. Il campionato è molto difficile e i risultati lo stanno dimostrando, vedi Avellino-Giugliano e Monopoli-Benevento dello scorso turno. Vogliamo fare il salto di qualità che passerà vincendo la gara di lunedì».

Ecco, il salto di qualità passerà anche dai risultati ottenuti negli scontri diretti. Con Benevento e Juve Stabia non è andata bene: si è trattato di episodi?

«Sì, a volte determinano le partite e per evitarli bisogna curare i dettagli. Dagli errori che abbiamo commesso possiamo imparare tanto. Stiamo lottando per arrivare in alto, senza guardare gli altri ma solo a noi, perché dobbiamo migliorare molto».

Prima di scendere in campo quali indicazioni le dà Capuano?

«Il mister è tatticamente molto preparato sia per la fase difensiva che offensiva e tutti abbiamo dei compiti. A me chiede di attaccare gli spazi o di venire a prendere la palla più basso, poi in avanti mi lascia più libero di svariare».

Nelle ultime due stagioni ad Avellino ha realizzato sei gol in 60 partite, quest’anno è già a quota quattro: è un Kanoute diverso?

«Sto migliorando sotto porta grazie ai miei compagni e agli allenamenti. Il mister, inoltre, mi dà tanta fiducia e questa cosa mi fa stare bene e sereno. Sto segnando di più, perché rispetto alle passate stagioni punto di più la porta. Taranto è una piazza calorosa, che ti dà tanto. E noi vogliamo restituire questo calore».

Qualche anno fa ha giocato due gare con il Benevento in A e otto con la Pro Vercelli in B: come mai non ha avuto modo di rimanere almeno in B?

«Speriamo di tornarci con il Taranto, piazza che meriterebbe anche la A. Nel calcio, però, ci vuole fortuna e soltanto la bravura non basta. Hanno inciso tanto anche gli infortuni. In ogni caso pensando al presente, ovvero al Taranto, il mio obiettivo è di darmi una seconda possibilità anche in A. Devo farlo, però, stando bene con me stesso».

Come è arrivato al Taranto?

«Durante il mercato ho avuto la possibilità di andare al Catania. Mister Capuano mi ha chiamato tutti i giorni, parlandomi del progetto del Taranto, facendomi capire che passando da qui sarei cresciuto ancora. Il progetto che abbiamo è importante e mi ha convinto ad andare a Taranto».

Com’è nata l’idea di entrare nel mondo del calcio?

«Abitavo a Dakar, capitale del Senegal, e giocavo per strada con gli amici. Devo ringraziare mio fratello maggiore, che ha notato le mie qualità e mi ha portato a una scuola calcio della città. Da lì ho indossato la maglia delle giovanili della nazionale con cui ho fatto vari tornei, anche uno in Giappone. Grazie al ricongiungimento familiare, quando ho compiuto 18 anni, ho raggiunto mio padre che vive in Italia da tanti anni e anche lui ha dato spazio a questa mia passione».

Qual è il tuo rapporto con il Senegal?

«Sono fisicamente lontano dal Senegal, ma è come se fossi sempre lì, perché amo la mia terra, la mia gente. Quando posso faccio sempre qualcosa per i miei connazionali, dando loro ciò che non ho avuto io. Quando torno a casa porto con me maglie e palloni: all’epoca quando ero in quella scuola calcio avevamo maglie e palloni contati. Non avevamo nulla, ma è come se avessimo avuto tutto».

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