Quella del Cus Pararowing, la squadra di canottaggio destinato ai ragazzi portatori di handicap, non è solo una storia di sport. È, soprattutto, una storia d’amore, di impegno, di risate e di lotta agli stereotipi. «Avvicinarsi al nostro movimento crea dipendenza. Senti di dover fare qualcosa per loro, ma in realtà sono loro che ti danno qualcosa. Come quando ad un ragazzo autistico insegni a vogare e lui ti chiede cosa siano le braccia. Allora gli spieghi: quelle con cui mangi. E impari a vedere il mondo da un’altra prospettiva».
A raccontarlo è Paolo Attolino, padre di una ragazza “speciale” e ideatore dell’iniziativa a Bari. Della squadra fanno parte ragazzi neurodivergenti, che militano nello Special Olympics, e ragazzi con handicap motori, a tutti gli effetti campioni paralimpici. Il team, che ora conta oltre venti componenti, si allena negli spazi e nello specchio acqueo del centro universitario sportivo. «Il progetto nasce prima della pandemia quando, durante i campi estivi, organizzavamo attività che promuovessero l’integrazione tra i ragazzi speciali e i normotipici. Da lì è nata l’idea di implementare questo servizio con un’attività che potesse durare dodici mesi all’anno», racconta Attolino. Quella che si crea tra i master, tutti allenatori federali senza alcun tipo di retribuzione, e i ragazzi è «una specie di cordone ombelicale, da cui è difficile separarsi», spiega Attolino. L’acqua è un elemento essenziale per i giovani coinvolti nel progetto, anche perché alcuni di loro praticano terapie in acqua sin da piccoli. E poi, tra le onde e i vogatori che le sfidano, non mancano gli aneddoti che accarezzano il cuore. «Un ragazzo autistico non verbale di Altamura era al suo primo allenamento quando, dopo avergli insegnato a vogare, gli ho chiesto, senza pensarci troppo, come fosse stato. E inaspettatamente mi ha risposto: Bellissimo».
L’avventura, cominciata con dieci ragazzi, ora si è espansa a macchia d’olio e raccoglie sempre più adesioni. Un aspetto che inorgoglisce, ma che fa emergere anche alcuni problemi “nuovi”, come quello degli spazi in cui allenarsi. «Speriamo di poterci spostare altrove, in un luogo più ampio, come il waterfront di San Girolamo». Ma non c’è solo questo nodo da sciogliere. La squadra ha bisogno di finanziamenti per affrontare spese via via maggiori. È il caso, per fare un esempio, dei body che le giovani allieve dovrebbero indossare ma il cui acquisto, per alcune famiglie, potrebbe rappresentare un problema. «Per questo siamo alla ricerca di sponsor – prosegue Attolino – soprattutto per le trasferte, assicuro, spendiamo fior di quattrini».
Il futuro si presenta ricco di novità. Nell’ultima competizione tenutasi a Napoli, la squadra ha presentato tre equipaggi, piazzandosi al primo, secondo e terzo posto. La prossima sfida si terrà a Sabaudia, in quello che è il tempio del canottaggio. Al lavoro, oltre ad Attolino, ci sono altri quattro mister: Daniela Di Battista, Giuseppe Martinelli, Alberto Boccuzzi e Vincenzo Di Maio. «Faremo in modo – promette Attolino – che questa avventura non finisca mai».