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Serie D, il presidente Lacarbonara lancia il Martina: «Saremo ancora protagonisti»

A tutto Piero Lacarbonara. Il presidente del Martina Calcio, dopo la splendida annata della sua squadra, rilascia un’intervista esclusiva a L’Edicola del Sud: dal modello societario al futuro, tanti i temi trattati con uno dei due soci del sodalizio biancazzurro. A un passo dal sogno promozione: presidente Lacarbonara, ci racconta il modello Martina? «Nasce dall’esigenza…

A tutto Piero Lacarbonara. Il presidente del Martina Calcio, dopo la splendida annata della sua squadra, rilascia un’intervista esclusiva a L’Edicola del Sud: dal modello societario al futuro, tanti i temi trattati con uno dei due soci del sodalizio biancazzurro.

A un passo dal sogno promozione: presidente Lacarbonara, ci racconta il modello Martina?

«Nasce dall’esigenza di noi due soci, Lacarbonara e Soldano, di garantire la massima durata al progetto: i bilanci sono fondamentali, specie in una città dove le grandi aziende sono lontane nel fornire sostegno economico al calcio. È un progetto sostenibile e che coinvolge tutta la gente della città, in ogni modo: dalle collaborazioni strutturali, con diversi componenti che ci sostengono per pura passione e spirito di appartenenza, sino alla costruzione della squadra. Credo che si possano costruire delle rose competitive anche senza spendere cifre folli».

Cosa è mancato alla sua squadra, dopo una stagione esaltante, per poter conquistare l’accesso al calcio professionistico?

«Abbiamo avuto la sfortuna di trovare una squadra, come la Team Altamura, che ha fatto qualcosa di grandioso. Forse ci è mancata un pizzico di convinzione in più sin dall’inizio, poi tutti quanti i ragazzi si sono convinti di essere forti. In cuor mio lo sapevo sin dall’inizio: eravamo straconvinti, insieme al mister. Probabilmente se avessimo avuto lo stadio delle ultime due partite, sin dalle battute iniziali di questo campionato, staremmo a parlare di altro. L’entusiasmo del pubblico ha un ruolo importante nelle partite e avrebbe potuto fare la differenza».

C’è stato un momento, nel corso del torneo, in cui avete realmente creduto di poter arrivare primi in classifica?

«Dal primo giorno di ritiro sino alla partita della matematica promozione in C dell’Altamura: noi, come società, abbiamo sempre creduto che l’obiettivo fosse raggiungibile».

Un progetto lungimirante, quello del suo Martina, condotto egregiamente da mister Pizzulli: sarà lui il primo tassello della nuova stagione?

«Penso che il Martina sia una famiglia. La prima prerogativa è quella di stare bene insieme. Come presupposto principale vedo questo e ciò fa sì che le possibilità che si continui insieme siano molto alte: abbiamo tutti un grande rapporto, siamo ambiziosi e non dovrebbero esserci problemi. Aspetto di confrontarmi con il mister, poi sarà delineata la strada».

Pirró, Virgilio, Ganfornina e Palermo: quattro baby talenti che hanno catturato l’interesse di squadre di caratura superiore. Quanto sarà difficile trattenerli in Valle d’Itria?

«La difficoltà di trattenere alcuni giocatori rispetto ad altri, senza entrare nello specifico di quelli menzionati, la determina il mancato raggiungimento dell’obiettivo. Non posso sborsare quella che è l’ambizione di un calciatore: a chiunque mostrerà la volontà di giocare in un campionato professionistico, non potremo opporci. Il Martina Calcio credo che debba avere, soprattutto nella motivazione, la forza più grossa: preferisco avere sempre calciatori fortemente motivati e ciò comporta, in automatico, a non trattenere giocatori che hanno altri intenti».

Non poche società, come il Martina, fanno a meno di direttore sportivo e direttore generale. La distribuzione delle mansioni come avviene? Può essere un esempio da seguire anche per altri club?

«Ogni realtà ha la sua storia. Noi abbiamo il nostro modo di fare ma non vogliamo insegnare a fare calcio a nessuno: non sminuiamo le figure, assolutamente. Il Martina è una società anomala perché nata, sette anni fa, dall’unione di tifosi che hanno ridato vita alla rinascita della squadra. In quell’ottica si è continuato, abbiamo trovato i nostri equilibri e ce li teniamo stretti, ma ciò non significa che sminuiamo due figure professionali, che ritengo essere importanti nel mondo del calcio».

Questione Tursi: al netto delle basse chance di ripescaggio, quali lavori devono ancora essere effettuati per un eventuale approdo in Serie C?

«Abbiamo avuto un incontro anche il giorno dopo la finale playoff persa con l’Amministrazione. Martina, se ha un pregio, è quello di non fermarsi mai: anche dopo un ko che ci ha colpito fortemente, ci siamo subito rimessi a lavoro. Nell’incontro abbiamo congelato quelli che sono gli interventi da fare al Tursi anche perché siamo attenti alle dinamiche della comunità. L’Amministrazione si era portata avanti, come penso poche altre, sulla questione lavori: era tutto in fase avanzato. Questo investimento sarebbe stato fatto qualora avesse potuto produrre il ripescaggio ma, nel momento in cui le probabilità sono scarse, di comune accordo abbiamo fermato queste operazioni. È risaputo poi che, a Martina, è in corso la costruzione del nuovo stadio al Pergolo: un impianto avveniristico, uno dei tasselli sul quale costruire il futuro importante di questa squadra».

L’amarezza per la finale playoff persa è ancora viva ma avete già iniziato, in settimana, a gettare le basi per il nuovo anno?

«Come noi anche le altre saranno già al lavoro per riorganizzare la nuova stagione: questo è il momento migliore per fare dei cambiamenti e limare ogni piccolo tassello. Le vittorie non sono frutto soltanto da quanto prodotto dai giocatori, ma anche l’organizzazione intorno alla squadra: cerchiamo di far vivere loro sempre un ambiente professionistico. Oltre questo genere di lavoro, ovviamente, si cerca già di dare un’impronta alla rosa per la prossima stagione».

Si aspetta una risposta diversa, dopo i grandi risultati dell’ultima stagione, da parte della tifoseria e degli imprenditori locali?

«Mi aspetto che si riparta da una foto che ho fatto mia, ovvero un bambino che piangeva sotto la curva dopo il ko col Nardò. Dobbiamo ripartire da ciò che siamo riusciti a fare, ovvero far rinascere l’amore per questa squadra: Martina aveva vissuto dei drammi sportivi. La squadra deve essere un patrimonio per la città, l’Amministrazione, per i tifosi e per l’imprenditoria. Ci auguriamo che ci venga data fiducia perché tutti insieme si possono fare grandi cose».

Cos’è, per lei, il Martina?

«È una delle ragioni di vita. Sono un ex ultras, ho pianto per tante volte sugli spalti da tifoso. Il giorno dopo il fallimento mi è stato chiesto da un gruppo di ragazzi di ripartire: mi sento garante della fede di questa tifoseria. È una ragione di vita che viene solo dopo gli affetti familiari. Nella vita ci sono tante cose più importanti, ma il senso di appartenenza alla squadra di calcio e alla città ti dà delle emozioni impareggiabili».

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