Da gregario di lusso nelle prime 9 partite, a titolare negli ultimi 270 minuti. Con lui in campo il Bari ha conquistato 7 punti, frutto di due vittorie e un pareggio. Il difensore Raffaele Pucino, complice il cambio di modulo, ora è di nuovo uno dei pilastri della squadra biancorossa.
Dopo tanta panchina il suo è un ritorno in grande stile.
«Siamo pagati per farci trovare pronti quando veniamo chiamati in causa. Fa piacere che il mio ritorno sia coinciso con risultati positivi».
Di nuovo perno della difesa, tutto merito del 3-5-2?
«L’anno scorso ho dimostrato di poter dare il mio contributo. Da terzino destro, ero un titolarissimo del Bari. Ora il merito dei risultati si attribuisce al nuovo assetto, ma credo che dobbiamo essere pronti a prescindere dal ruolo. Potremmo cambiare ancora e quindi bisogna adattarsi».
Come si sta trovando da “braccetto” di difesa?
«L’ho già fatto a Salerno. Mi piace, perché mi permette di toccare tanti palloni e stare al centro del gioco. Mi intriga, anche se mi limita in fase offensiva».
Crede sia la strada giusta?
«Le partite e il tempo lo diranno. Ma i risultati positivi suggeriscono di sì. L’inizio non è stato quello che pensavamo, c’è tempo per risalire da grande squadra, i primi segnali si vedono».
La nuova stagione ha stravolto alcune gerarchie, compreso il suo ruolo: come ha vissuto la panchina?
«Quando resti fuori non è bello, perché ti senti un leone in gabbia e metti davanti a tutto gli obiettivi di squadra. Allo stesso tempo sai che devi lavorare per essere pronto quando l’occasione si presenta. Da professionista bisogna accettarlo. È una situazione che ho vissuto col fuoco dentro».
Dorval sempre croce e delizia?
«È giovane, ha qualità più offensive. Ha ancora margini di crescita. Non deve subire i consigli come richiami, ma come motivi di crescita».
Dopo 13 giornate si è fatto un’idea di questo Bari?
«Abbiamo dimostrato di avere le qualità, il carattere e la tecnica per potercela giocare con tutti, ma a corrente alternata. Serve continuità, è fondamentale. Dobbiamo crescere sul piano del gioco e della condizione, limare diversi errori che abbiamo commesso. Se non restiamo concentrati, come accaduto a Piacenza, facciamo fatica».
Si aspettava un avvio così in salita dopo l’11 giugno?
«Non eravamo abituati ad un periodo del genere. Dopo una stagione così positiva il momento non brillantissimo lo vivi con più stupore e dispiacere. È una delusione che ci porteremo dentro per sempre. Dobbiamo imparare a metterla in un angolo del cuore e a far prevalere la voglia e la cattiveria di riprendere quello che ci è sfuggito».
Ci ripensa all’infortunio che l’ha costretta a saltare i playoff?
«Certamente, mi ha segnato. Su 38 partite mi sono fatto male prima di un momento così bello, con in palio un obiettivo che non capita tutti gli anni».
Crede che il Bari abbia un problema di leader?
«Una squadra con tanti giovani può peccare un po’ sotto questo aspetto. Dobbiamo essere bravi noi “maturi” ad indicare la strada. I leader ci sono: in campo, alcuni sono più silenziosi, altri più rumorosi. Ma leader si diventa con gli esempi. Può diventarlo anche un ragazzo di 20, non sbagliando gli atteggiamenti».
Un anno fa “squadra fastidiosa e compatta”: come definirebbe oggi il Bari?
«Come una squadra che non ha espresso tutto il suo potenziale, nemmeno al 50%, e che si prepara a dare un grande segnale al campionato».
La gara con la Feralpisalò manifesto della stagione piena di alti e bassi. Perché tanti blackout?
«C’è grande rammarico, perché fino al 2-0 c’era solo il Bari in campo. Ma le partite durano 90’. Abbiamo perso tanti punti per questi cali di attenzione. Le cause? Credo sia più una questione mentale. Dobbiamo dare di più sotto l’aspetto della determinazione, dell’esperienza, della malizia. Bisogna crescere dal punto di vista tecnico, tattico e caratteriale».
Cosa è cambiato con l’avvento di Marino?
«Il mister ci chiede di avere di più il pallino del gioco, di alzare il baricentro. Il cambio di modulo estemporaneo a Brescia ha modificato qualche idea anche in lui. Ora stiamo lavorando su concetti diversi rispetto alle prime due settimane. La scossa sul piano dei risultati c’è stata. È stata utile per lavorare meglio».
Questo Bari può davvero lottare per la A?
«Sì. Abbiamo le qualità tecniche e morali per farlo. Dobbiamo solo rimboccarci le maniche e non fermarci più».
Ora il Venezia, un bel banco di prova.
«È la squadra che temevamo di più ai playoff, con un organico tra i migliori della categoria. Dal subentro di Vanoli ha fatto grandi cose. Dopo Piacenza ci farà bene, perché avremo più stimoli. Dobbiamo prepararci bene. Sarà tosta, ma abbiamo l’occasione per dimostrare che il Bari c’è e può competere con le big. Dobbiamo tirare fuori tutto quello che abbiamo per vincere».
Qual è la ricetta per tornare a riempire il S. Nicola?
«Solo i risultati. Anche l’anno scorso non eravamo spumeggianti, non illuminavamo gli occhi della gente con il gioco, ma con i risultati. C’è da capirli se i tifosi stanno a casa quando non si vince. Fanno sacrifici per venire allo stadio. Meritiamo quelli che sono presenti. Ma il loro supporto nei momenti di difficoltà è fondamentale per tornare a fare grandi cose. Sono una forza per noi».
Tanti rinnovi ai “senatori”: Maita, Vicari, Maiello a breve Ricci. Si riparte dalla vecchia guardia anche per il futuro?
«Se la società ha puntato su di noi è perché lo ritiene giusto, dobbiamo esserne orgogliosi. Quello di Maiello è un rinnovo meritato. Come per Vicari che ha dimostrato di valere la maglia del Bari. É un leader».
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Di Flavia Di Maio25 Novembre 2024