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Multiproprietà, l’avvocato dei De Laurentiis, Mattia Grassani: «Motivazioni molto generiche il Bari ricorrerà»

La bocciatura in primo grado non ferma la battaglia giudiziaria intrapresa da Bari e Napoli contro le modifiche alle norme sulla multiproprietà che costringono la famiglia De Laurentiis a scegliere entro il 30 giugno 2024 se continuare a gestire il Napoli o piuttosto il Bari. A prescindere dalla categoria in cui militeranno i due club.…

La bocciatura in primo grado non ferma la battaglia giudiziaria intrapresa da Bari e Napoli contro le modifiche alle norme sulla multiproprietà che costringono la famiglia De Laurentiis a scegliere entro il 30 giugno 2024 se continuare a gestire il Napoli o piuttosto il Bari. A prescindere dalla categoria in cui militeranno i due club. Il Tribunale Federale della Figc lo scorso 13 maggio ha pubblicato i motivi con cui otto giorni prima è stato rigettato il ricorso presentato delle due società sportive. Questioni finite sotto la lente d’ingrandimento dell’avvocato Mattia Grassani, che sta patrocinando le due società nel lungo contenzioso legale.

Avvocato Grassani, cinque punti alla base del vostro ricorso, tutti respinti: come valuta le motivazioni fornite dal Tribunale?

«Si tratta di motivazioni a mio avviso generiche e troppo superficiali: si è concentrata l’attenzione sulla scelta della Figc di vietare le multiproprietà, ma non sulla norma transitoria che pregiudica diritti acquisiti di Filmauro che fino ad oggi si è mossa nel pieno rispetto delle regole».

In aula assente la Figc tra le parti convenute: dall’esterno non è apparso un gesto molto rispettoso nei vostri riguardi…

«Non sono d’accordo. Si tratta di scelte politiche che vanno rispettate. Evidentemente la Federazione ha lasciato che della questione se ne occupassero i giudici federali, ma la mancata costituzione non deve interpretarsi come una mancanza di rispetto».

Nelle motivazioni il Tribunale spiega che sul divieto di multiproprietà «null’altro ha fatto la Figc se non adeguare l’assetto regolamentare a quello statutario», rendendoli omogenei. E che questo allineamento servisse «per valorizzare il merito del Campionato e della competizione sportiva, nell’interesse generale»: questa posizione la convince?

«Certamente no. Non si è considerato il fatto che la norma esisteva dal 2013 e nessuno aveva mai evidenziato la necessità di adeguarla allo Statuto Federale, semplicemente perché non c’era nessun disallineamento. L’art. 16bis Noif disciplinava il caso limite di acquisizione, legittima, di un club nel settore dilettantistico che successivamente ascenda ai ‘pro’».

Avete sollevato la presunta violazione della libertà di iniziativa economica che però, secondo il Tribunale Federale, «nel contesto sportivo non è un valore assoluto, ma subordinato piuttosto alla preminente garanzia di correttezza e regolarità delle competizioni»: giudica solida la posizione dei giudici di primo grado?

«Sia la Giunta del CONI sia la Commissione Europea, all’epoca della presidenza Monti, hanno affermato in documenti ufficiali che la libertà di iniziativa economica soccombe al principio di regolarità delle competizioni soltanto se i due club partecipano al medesimo campionato. Questa è la linea che abbiamo introdotto in primo grado e che percorreremo anche in appello».

Lei si fida fino in fondo della terzietà di un Tribunale i cui vertici sono stati nominati dal consiglio federale un anno fa su proposta del presidente Gravina che è il «vostro» principale oppositore sulla questione multiproprietà?

«Ci dobbiamo necessariamente fidare, perché chi accede in un sistema ne accetta le regole. Del resto, i componenti degli organi di giustizia sono validi e autorevolissimi professionisti e magistrati che danno ampie garanzie in termini di indipendenza».

Confida ancora nella giustizia sportiva o è plausibile che lo scenario per voi possa cambiare solo nei tribunali ordinari (TAR e Consiglio di Stato)?

«Esistono ancora due gradi di giustizia all’interno dell’ordinamento sportivo, Corte Federale d’Appello e Collegio di Garanzia dello Sport, dove ci vogliamo giocare tutte le carte a disposizione, fiduciosi che certi principi cardine del diritto nazionale e comunitario vengano valorizzati».

La partita tra Gravina e i suoi assistiti appare più di natura «politica» che tecnico-giuridica: c’è del vero in questa affermazione?

«Non so rispondere, mi occupo di diritto e sono fermamente convinto che le valutazioni dei giudici federali poggeranno esclusivamente su considerazioni giuridiche e non politiche. Sarebbe grave il contrario».

Quali saranno ora le mosse del Bari?

«Stiamo ultimando il ricorso alla Corte Federale d’Appello, che depositeremo entro venerdì 20 maggio. Successivamente si terrà un’udienza all’esito della quale sarà pubblicato il verdetto finale del procedimento interno alla FIGC. Qualora non sia soddisfacente, si potrà ricorrere al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI entro 30 giorni dalla pubblicazione delle motivazioni».

Lei viene ritenuto spesso infallibile: rispetto alle tante «partite giudiziarie» che l’hanno vista impegnato nella sua carriera: come valuta il grado di difficoltà di questa e crede davvero nella vittoria alla fine?

«Molto complessa, perché abbraccia tematiche trasversali e senza precedenti. Credo ovviamente in un risultato favorevole: non si gioca mai per perdere e, in questo caso, ci sono argomenti validi per battagliare fino alla fine».

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