Mister nuovo, vizi vecchi: il primo Bari di Pasquale Marino non convince ancora

“Se qualcuno non sapeva che in panchina fosse seduto Marino e non Mignani, nessuno si sarebbe accordo della differenza rispetto al recente passato”. Il pensiero condiviso da molti degli oltre 15mila spettatori biancorossi al termine dell’ennesimo pareggio casalingo del Bari fotografa abbastanza nitidamente la prestazione della squadra pugliese al termine della gara disputata contro il Modena, con particolare riferimento al rendimento dei primi 45 minuti. Si tratta del quinto segno X stampato sul campo del San Nicola nelle prime 5 partite interne; l’ottavo dopo 10 gare del campionato di serie B.

Le richieste di Marino rimaste solo teoria. «Aggressività, intensità, ferocia nella riconquista della palla e verticalizzazioni». Questo il mantra invocato alla vigilia della gara contro la formazione emiliana da Pasquale Marino e purtroppo disatteso. Il tecnico siciliano, pur dicendosi fiducioso, aveva precisato, forte della sua lunga esperienza in panchina, che fosse necessario trasferire in partita «la voglia e l’intensità viste in allenamento dai suoi calciatori» affinché si potesse passare concretamente dalle parole ai fatti. Un monito all’insegna della cautela, ma anche espressione della consapevolezza di quanto non sia semplice portare a termine la missione affidata al neo allenatore del Bari dal direttore sportivo Ciro Polito. Che la squadra non potesse certo trasformarsi da “Cenerentola” in principessa delle favole nel giro di due settimane era lapalissiano. Che lo spirito messo in campo dal primo minuto ricalcasse, per lo meno nel primo tempo, l’atteggiamento compassato, e a tratti disorientato, visto nelle ultime settimane ha invece lasciato abbastanza perplessi. Al netto della curiosità di vedere l’applicazione tecnico-tattica delle prime idee inculcate da Marino, certamente ci si aspettava un Bari capace di lanciare un segnale inequivocabile di rottura con il passato soprattutto sul piano dell’approccio alla partita, evitando di reiterare, quasi fedelmente, un copione costato proprio l’incarico di allenatore a Michele Mignani. Il primo tiro verso lo specchio della porta al minuto 42 ad opera di Sibilli, da fuori area, ha rappresentato la copertina di una frazione ed un avvio di gara ancora una volta da non consegnare agli annali.

«Continuità» anche nella condizione precaria. Al di là del formale 4-3-3 varato da Marino, l’impianto di gioco non si è discostato molto da quello della storia recente, come peraltro anticipato dal 61enne allenatore di Marsala 24 ore prima di Bari-Modena. Non hanno pagato granché le scelte decise per il reparto offensivo, tenuto in piedi soprattutto dalle iniziative individuali di Diaw, spesso troppo egoista e poco lucido, e Sibilli. Aramu resta purtroppo ancora un lontano parente del calciatore trascinatore del Venezia promosso in A e protagonista con la maglia dei veneti anche nel massimo campionato. La sensazione è che gli uomini di maggior esperienza e qualità a disposizione del pacchetto offensivo, ma anche del centrocampo, siano poco compatibili con un modulo che perché funzioni ha bisogno soprattuto di corsa, dinamismo, intensità e pressing asfissiante. Non un caso che gli ingressi di Morachioli e Achik, gli attaccanti che meglio si sposano con il calcio di Marino, abbiano rivitalizzato la manovra nel secondo tempo, garantendo anche quell’ampiezza mancata nella prima frazione.

La risposta dei leader. Encomiabile l’atteggiamento di Valerio Di Cesare e Nicola Bellomo, lottatori indefessi prima ancora che efficaci interpreti nei rispettivi ruoli. La prestazione carismatica del trequartista di Bari vecchia ha alimentato il rimpianto di non averlo visto all’opera nella maledetta finale playoff dell’11 giugno. Non servono invece più parole per il 40enne centrale difensivo, sempre l’ultimo ad arrendersi e il primo ad inseguire la vittoria.

La strada per il futuro. La condizione non ottimale di giocatori chiave per il Bari e il grave infortunio di Maiello, insieme alla scarsità di soluzioni in mezzo al campo per sostituire il numero 17, potrebbero suggerire a mister Marino di rivedere i suoi piani dal punto di vista tattico. Serviranno quindi idee, ma anche tempo, e soprattutto quella fame di tornare al successo, che finora è rimasta soltanto un ottimo proposito.

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