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Addio a Bruno Pizzul, il giornalista barese Bellardi: «Fortuna della mia vita averlo avuto vicino»

Il calcio italiano resta senza voce. Ieri mattina all’ospedale di Gorizia è morto Bruno Pizzul, storico telecronista della Nazionale, che ha accompagnato le notti, non solo quelle “magiche”, degli italiani.

Tra due giorni avrebbe compiuto 87 anni. Voce dello sport sui canali Rai, ha raccontato le partite, a livello nazionale e internazionale, delle principali squadre italiane, compresa la tragica finale di Coppa dei Campioni del 1985 tra Juventus e Liverpool, passata alla storia come “la strage dell’Heysel”.

Il ricordo

«È stata una fortuna della mia vita averlo quotidianamente vicino per un paio d’anni». È il ricordo di Giampiero Bellardi, giornalista barese e caporedattore di Bruno Pizzul tra il 1993 e il 1994. «Ho conosciuto Bruno quando era già un grande. Era nato a Cormons, in provincia di Gorizia e aveva l’orgoglio di quegli italiani che vivono lì, al confine, e si sentono un po’ dimenticati.

Lui rivendicava l’appartenenza a quella terra. Dal punto di vista sportivo è inutile parlarne, quella voce ci fa ancora vibrare. Ricordo la notte dell’Heysel, ero in giro con la radiolina. Un avvenimento tragico, drammatico, ma che lui ha saputo raccontare da bravo cronista, mettendoci dentro passione e partecipazione». Bellardi racconta alcune peculiarità dell’ex giornalista friulano: «Bruno non ha mai avuto una macchina, ha sempre usato solo la bicicletta.

Abitava vicino alla sede rai di corso Sempione. Era attaccatissimo alla famiglia, alla moglie che chiamava “la tigre” per il carattere forte e deciso. Soprattutto era un rispettoso, un grandissimo come lui rispettoso dei ruoli e delle regole. Mi diceva: “Capo, se c’è da lavorare, lavoro, se non ce n’è, è meglio”. Tutti i giorni, quando non era in trasferta, veniva in redazione, non evitava la quotidianità. Quando mi chiamava “capo” gli rispondevo: “Ma quale capo, sei tu il più grande. Per me è un onore lavorare con te”.

Non ha mai gonfiato il petto, non era quello del “lei non sa chi sono io”. Era rimasta una persona semplice, educata e rispettosa. Per me è stata un’esperienza eccezionale. Una brava e buona persona, non ci sono termini migliori da utilizzare, oltre che gran giornalista». Infine Bellardi ne racconta anche il senso dell’umorismo.

«Un giorno sento bussare alla porta. “Chi è?”, lui si affaccia: “Capo, sono io. Posso presentarti un amico che è appena arrivato?”. Rispondo: “Certo, mi fa sempre piacere”. E lui mi dice: “È un meridionale come te, è un tuo ‘conterroneo’ ”. Una battuta intelligente, senza cattiveria o asprezza che ai tempi i milanesi avevano nei confronti di noi meridionali. Un neologismo che solo lui poteva inventare e che non dimenticherò mai».

Emiliano Cirillo

Anche il giornalista di Rai Emiliano Cirillo ricorda Pizzul: «Ne ho sempre ammirato la professionalità, la grande coerenza e soprattutto la grande capacità di raccontare il calcio. Un telecronista vecchio stampo, lineare, pulito, esemplare, un grande giornalista. L’ho sempre seguito cercando di carpirne i segreti».

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