Il “corazziere” Marino carica il Lecce: «Devi crederci di più»

Attenzione all’uno contro uno. Cioè all’arte del dribbling. Il gesto tecnico che serve a superare l’avversario. Un duello poco cavalleresco che reca il sapore dell’ultimo sangue. In qualunque zona del campo lo si effettui, il gusto è sempre quello del colpo mortale. L’umiliazione di chi difende o l’orgoglio di chi non si fa ingannare dall’altrui danza di gambe. I marcatori stiano attenti.

L’esortazione è formulata da un difensore dei tempi esaltanti del pallone italiano: Raimondo Marino, che è stato corazziere del Lecce, del Napoli di Maradona, e della Lazio. Messinese ormai stabilitosi in Salento, dove ha fondato l’omonima scuola di calcio. «Il Lecce mi piace. Deve un po’ cercare, specialmente in difesa, di credere maggiormente nelle proprie qualità» osserva, l’ex giallorosso. Più coraggio non solo in seno al pacchetto arretrato: «Il reparto importante è quello che deve offendere gli avversari, perché, se subisci sempre, può capitare che i difensori facciano un errore e gli avversari poi ti puniscono. I tre attaccanti (Banda, Strefezza e Ceesay; ndr) mi piacciono molto: sono ragazzi di valore, di prospettiva. Ma devono osare di più». Già, ma segna solamente Strefezza. «Lui è già abituato ai campionati italiani – spiega, Marino -, sa già come i difensori marcano. Però questa è una squadra che si può salvare tranquillamente. Domenica sera ho visto parecchi errori, quindi la Roma ha avuto molte occasioni da gol, però il Lecce ce la può fare. Ma le partite deve vincerle in casa, soprattutto gli scontri diretti, in modo da poter essere in vantaggio su chi lotta per la salvezza. Finora negli scontri diretti interni i giallorossi hanno pareggiato». L’attacco non entusiasma, ma la difesa regge l’urto della categoria. «Secondo me – analizza, l’ex stopper -, dovrebbe avere un leader. In difesa ci vuole gente con grande personalità, specialmente quando si gioca a zona, perché prima ci dev’essere intelligenza, poi anche carattere. Tu giochi in una squadra che rischia di retrocedere: se non hai personalità, fai fatica a entrare in campo con la paura di sbagliare». E dunque: «Quando ti trovi al contrasto uno contro uno devi essere bravo a marcare. Oggigiorno non sa più marcare nessuno, alla minima finta passano gli attaccanti che sanno dribblare, perché i difensori non sono preparati, come invece eravamo noi, che giocavamo a uomo».

Altri tempi. «Noi giocavamo a uomo a tutto campo – ricorda, Marino, che ha calcato i rettangoli verdi dalla fine degli anni ‘70 a metà dei ‘90-. Io dovevo marcare Van Basten pure quando andava al bagno. Nel Lecce allenato da Mazzone adottavamo il libero, che era Righetti, poi lo è diventato Paolo Benedetti. Io ho sempre giocato a uomo. Sia al Napoli, sia alla Lazio e al Catanzaro, oltre che al Lecce. Ho giocato contro Platini, Zico, Boniek, Van Basten, Gullit, Rijkaard, Klinsmann, Brehme, Socrates. E accanto a Ruud Krol, Diego Maradona, Daniel Bertoni, Careca, Giordano: gente che dava del tu alla palla. A Bruscolotti, che quando marcava non faceva respirare nessuno, ho rubato i segreti della marcatura, perché quando l’ho conosciuto ero un pivello. E anche Bellugi, Catellani, Caporale mi ha insegnato come si marca l’avversario. Oggi invece non c’è molta qualità: solo le squadre forti ne hanno in avanti, sanno saltare l’uomo. Le altre fanno fatica, hanno gente fisicamente alta ma che non dà del tu al pallone. E se le dai del voi, poi alla lunga cedi». E l’ex stopper osserva ancora: «Oggi si marca al contrario: anziché mettersi tra la porta e l’avversario, i difensori fanno mettere l’avversario vicino la porta. Il difensore deve guardare palla, porta e avversario contemporaneamente». Il marcatore giallorosso Federico Baschirotto, rivelazione del campionato di serie A, è sulla buona strada. «Deve lavorare molto sull’uno contro uno – l’esortazione di Marino -. È un buon giocatore, che mette il cuore quando corre ma l’uno contro uno è tutta un’altra cosa: quando ti trovi negli spazi grandi devi sapere cosa fare: se rubare la palla o temporeggiare: non è semplice». Più esperto del citato collega è sicuramente Samuel Umtiti, campione mondiale, il quale sembra già leader della retroguardia giallorossa. «Può esserlo, ma – riflette, l’ex stopper – se ha problemi fisici non penso che giocherà molte partite. A me piace anche come persona, l’ho seguito tante volte».

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