Il Bari non fa male: con Marino solo 10 gol realizzati in 13 partite. E la differenza reti è a -7

C’è un nesso causale tra la crisi tecnica del Bari e una classifica che si fa sempre più pericolosa. La squadra allenata da Pasquale Marino è impallata sotto porta. La magrissima capacità “realizzativa” dei biancorossi è solo la punta di un iceberg che in realtà nasconde sotto il pelo dell’acqua molto altro. Il Bari continua a palesare un deficit allarmante nella produzione offensiva. Quanto accaduto al minuto 92 di Bari-Reggiana, sabato scorso, si inquadra come il manifesto di una stagione maledetta: Lulic impegna con un pallone calciato appena dentro l’area il portiere degli emiliani Bardi. Sarà questa la prima, nonché l’unica, conclusione in tutta la gara verso lo specchio della porta. L’equazione è dunque matematica: poche, pochissime chiare azioni da rete, che si traducono in un numero bassissimo, nonché insufficiente di gol.

Differenza reti negativa

Un dato che spaventa. In 22 gare si contano 23 gol segnati, a fronte di 25 subiti. Di fatto la formazione pugliese viaggia ad una media inferiore ad un gol a partita, per la precisione 0,9 ogni 90 minuti. Sibilli è l’unico capace di tenere a galla il Bari, a quota 7 gol, 6 dei quali messi a referto sotto la gestione Marino, foriera solo di 10 centri totali in 13 partite. Un bottino irrisorio per chi era stato presentato alla piazza come l’uomo giusto per tirare la squadra fuori dalle sabbie mobili e soprattutto per rendere più propositiva ed efficace la manovra offensiva dei biancorossi. Dopo quasi quattro mesi della nuova gestione tecnica non c’è traccia di un cambiamento radicale capace di imprimere un’inversione netta di tendenza al gioco d’attacco. Non solo. Rispetto alla vecchia gestione il Bari ha perso equilibrio e oggi subisce più gol. Sono 17 le reti incassate nelle ultime 13 partite, a fronte delle 8 al passivo durante le 9 gare disputate sotto la guida di Michele Mignani. La differenza reti del nuovo corso segna addirittura -7.

La cura possibile

Non può che passare dai calciatori tecnicamente più dotati del parco attaccanti. Su tutti Menez, trascurato ad Ascoli, entrando solo negli ultimi 6 minuti del match. Il francese può essere la chiave principale per invertire la rotta in un reparto che ha maledettamente bisogno di dinamismo, fantasia, qualità ed esperienza. Sarebbe a dir poco paradossale nel prossimo futuro non affidarsi pienamente al 36enne transalpino, la cui assenza era stata dipinta dal ds Polito, da Mignani prima e da Marino poi, come una delle principali criticità del girone di andata, insieme all’indisponibilità cronica di Diaw (il 32enne potrebbe averne ancora per molto). Sarà utile la freschezza di Kallon, apparso in buona condizione fisica. Da rivedere invece la sua mira, ancora troppo imprecisa.

Chi tra i nuovi calciatori della batteria offensiva deve ancora trovare maggiore brillantezza è Puscas. Le sue prime due apparizioni “bis” con il Bari non hanno lasciato in eredità buone sensazioni. L’attaccante romeno è apparso parecchio impolverato. Non una buona notizia, considerando la necessità di affidarsi a qualcuno che sia capace di dimostrarsi subito pronto e buttarla dentro. Al netto di Sibilli e Achik, per tutti gli altri uomini dell’attacco pende la spada di Damocle del calciomercato, visto il passo d’addio di Morachioli e Aramu. In attesa di definire meglio i nuovi confini del reparto, sarà poi indispensabile che i centrocampisti salgano in cattedra. Soltanto 3 le reti messe a segno: 2 da Koutsoupias (ko fino al termine della stagione) e uno da Edjouma. Basti pensare che nello stesso periodo di un anno fa erano stati 7 i gol siglati dai centrocampisti, sull’onda di un super Folorunsho, che aveva già realizzato 5 gol. A segno erano andati anche Maita e Bellomo. Altri tempi, ma che sanno di un monito prezioso da seguire per tentare di dare una sterzata al campionato.

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