Hockey: Marzella, Giovinazzo e quelle 11 reti nella finale di Coppa delle coppe dell’80

L’hockey su pista di oggi, completamente diverso da quello degli anni ‘80. Le vittorie più belle, gli aneddoti. Il legame con Giovinazzo, dove è nato il 6 settembre 1961 e dove ha iniziato a vincere, rendendola leggendaria, e di cui oggi è allenatore in serie A1. Giuseppe Marzella, per tutti Pino, ci accoglie nel centro storico poco prima di partire per una trasferta di campionato. E racconta tanto del presente e di un passato tanto indelebile quanto inavvicinabile, di cui proprio lui è stato illustre protagonista, tanto che una rivista specializzata l’ha definito il “Maradona dell’hockey su pista”. Se leggiamo il curriculum capiamo perché: quattro scudetti (nel 1980 col Giovinazzo, nell’80/81 con Reggio Emilia, nell’84/85 con Novara, nell’85/86 con Vercelli), tre Coppe Italia (nell’84 a Monza, nell’85 a Novara, nell’89 a Monza), una Coppa delle Coppe (nell’80 con il Giovinazzo) e due Coppe Cers (nell’85 a Novara e nell’89 a Monza). Con la maglia azzurra della Nazionale italiana è stato uno dei protagonisti delle vittorie ai campionati del mondo del 1986 in Brasile e del 1988 in Spagna, ma anche della medaglia d’oro al campionato europeo 1990 di Lodi. Capocannoniere del torneo di serie A per ben 8 stagioni tra il 1980 e il 1989, con quasi mille reti messe a segno. E la convinzione che, oggi, non esista un altro Giuseppe Marzella.

La passione, i trionfi, gli aneddoti. Marzella e l’hockey hanno un colpo di fulmine quando Giuseppe ha spento solo quattro candeline e ha avuto in regalo un paio di pattini. È stata l’epifania di tutto perché con quelli scavalcava i cancelli dell’Acciaierie e ferriere pugliesi (Afp, l’azienda che dà il nome alla squadra, ndr), e poi un giorno è stato fermato dal primo allenatore, Gianni Massari, che gli ha dato la tessera e la possibilità di allenarsi. Così, a nove anni, ha iniziato a giocare e già a 14 ha esordito in serie A, con la casacca della sua città. «I successi più belli? Sono tantissimi – risponde il campione -, ma quelli con la squadra di casa sono un gradino sopra gli altri, anche se devo dire che ovunque sia andato prendevo i colori della casacca che indossavo. Quell’accoppiata scudetto-Coppa delle Coppe nel 1980 con il Giovinazzo e quelle 11 reti messe a segno da parte mia in finale europea (record imbattuto, ndr) è stata fantastica, e ancora di più perché abbiamo rimontato sette reti di scarto dopo l’andata ai nostri avversari spagnoli. Ed è un gran peccato che l’annata successiva quel Giovinazzo abbia perso la finale di Coppa Campioni contro il Barcellona. Rimpianti? Pochi, forse l’aver cambiato sempre squadra e aver pensato a crescere a livello economico, anche se dà ancora amarezza lo spareggio scudetto perso nel ‘79, a Follonica. Vincevamo 6-4 e abbiamo perso di una rete. Ma quella sconfitta ci ha aiutato a vincere l’anno dopo. Come aneddoto – aggiunge l’attuale mister dell’Afp -, ricordo sempre il primo articolo che parlava di me, e mio padre chiese dove fossero i soldi. Tra i tanti compagni di squadra ricordo Stefano Dal Lago, un talento assoluto morto nel 1988 a 24 anni in campo per un arresto cardiaco: È stato il più forte con cui abbia giocato. Con lui avremmo vinto altri tre mondiali consecutivi».

«Oggi – riflette Marzella – c’è molta meno fisicità e più velocità, anche se a dire la verità i giocatori italiani che hanno dominato il mondo per un quindicennio, tra gli anni ‘70 e gli ‘80, lo erano di più, ma adesso è più di tutti, più costruita e quindi tutti quelli che giocano in A1 devono essere fisicamente più preparati. Si è persa, però, quella genialità a livello tecnico e tattico per quanto riguarda il gioco, e quella passione che c’era ai miei tempi anche perché non siamo più la patria dei più grandi giocatori al mondo, complice grande quantità di denaro, sponsor e voglia di investire in questo sport. Adesso – aggiunge l’ex giocatore – i più forti vanno tutti in Portogallo (da queste parti è sport nazionale, come il calcio, ndr) perché in questo periodo i football club lusitani hanno pensato di investire nell’hockey e questo fa la differenza, anche nei successi europei».

Presente vuol dire anche stagione 2023/2024 e Giovinazzo in serie A1. «Abbiamo avuto un battesimo di fuoco – ammette – e abbiamo una squadra con dieci esordienti nella massima serie, composta da ragazzi giovanissimi al di sotto dei 20 anni. Abbiamo fatto degli step enormi partendo dalla serie B tre anni fa. Stiamo cercando di capire cosa voglia dire giocare in A1, ma sono molto felice delle ultime prestazioni effettuate, seppur non abbiamo vinto. E l’aver affrontato tutte le più forti non ci ha aiutato come calendario, ma a brevissimo partirà la nostra stagione e ci salveremo».

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