Giovani portieri pugliesi a scuola da Michele Di Gregorio: «Qui per aiutarli a crescere»

Negli anni Novanta del secolo scorso, e anche dopo, spopolò un portiere sudamericano non solo per la bravura, ma anche per l’estro delle parate e delle giocate con i piedi. Ciò che oltre due decenni fa e anche molto di più era bollato come attività eccentrica, ora è la normalità. I numeri uno non devono essere bravi soltanto con le mani, ma devono sapere pure impostare il gioco.

Più posato è Michele Di Gregorio, portiere del Monza da un quadriennio e in virtù delle sue ottime prestazioni prossimo al salto di qualità. Si parla della Juventus e sarebbe un premio ampiamente meritato. Intanto, però, un salto l’ha fatto a Taranto, invitato dalla Seanex, associazione che porta avanti un progetto dedicato a calciatori professionisti e dilettanti accompagnandoli nel periodo tra la fine di una stagione e l’altra. L’idea di creare una società con questo scopo è di Giuseppe Ungaro, calciatore classe ‘95, partito dalla scuola calcio Nuova Taras per poi trasferirsi a Zingonia e diventare calciatore nel settore giovanile dell’Atalanta. Da lì si contano oltre 100 presenze in C.

L’evento

Di Gregorio, per un giorno, ha fatto da chioccia ai futuri numeri uno, dando loro delle dritte e consigli e ricevendo in cambio i sorrisi di chi vorrebbe essere come lui dopo averlo ammirato in televisione settimana in settimana o acquistato all’asta del Fantacalcio. Eventi come questo hanno l’infinito potere di avvicinare due mondi lontani: quello dorato della A e quello di chi vi desidera arrivare, ma ha ancora tanta strada da coprire.

Sotto un cielo plumbeo e una pioggia battente, Di Gregorio si è soffermato sulle molteplici sfumature del delicato ruolo dell’estremo difensore: «Interpretare il ruolo – afferma – non è semplice, perché il portiere è diventato molto altro nel corso del tempo. Va bene l’istinto, ma poi ci vuole tanta tecnica, per permetterti di giocare con i piedi».

Quale migliore occasione, allora per stare assieme ai ragazzi per aiutarli nel loro percorso insegnando cosa fare o non fare: «Sono qui perché anch’io – racconta il portiere monzese – ho iniziato così e so cosa significhi. Questa bellissima iniziativa, con tanti bravi tecnici, serve a dare una mano ai ragazzi per farli crescere. Con Beppe Ungaro c’è grande stima e affetto e ho accettato subito l’invito».

Il ruolo

Una delle caratteristica di Higuita era una pizzico, forse anche più, di (in)sana follia ed è un elemento su cui Di Gregorio batte cassa: «Una volta – racconta – il portiere era più pazzerello. Ci metteva faccia e mani rispetto e finiva li. Ora il ruolo è cambiato. Ci devono essere basi tecniche importanti e non più il solo istinto, perché devi essere bravo con i piedi».

Qui sta la delicatezza di un ruolo che deve farsi carico, soprattutto quando la squadra è in trasferta, di reggere l’esultanza della tifoseria di casa. Un ricordo che in Di Gregorio è ancora fresco quando pensa alla Puglia. Soltanto il 27 aprile era qui per giocare al “Via del Mare”: «Le partite con il Lecce – conclude – sono sempre difficili, anche perché la squadra giallorossa può contare su un tifo importante». Un tifo che fa da vero dodicesimo in campo.

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