A pagare è di nuovo “solo” l’allenatore. Come accadde quasi 4 mesi fa con Michele Mignani, sollevato dall’incarico il 9 ottobre scorso, stavolta alla porta del Bari viene accompagnato Pasquale Marino. Il tecnico siciliano è stato licenziato dopo una gestione durata 117 giorni. A far detonare la sua panchina la netta sconfitta incassata sul campo del Palermo (3-0) sabato sera, che, complici i risultati maturati ieri pomeriggio, ha fatto precipitare i biancorossi in 14^ posizione in classifica. La formazione pugliese è in caduta libera: 5 punti dividono il Bari dalla zona playoff, ma con 5 squadre tra l’ottavo posto e i Galletti. Stessa distanza dai playout, con un margine di sicurezza che però potrebbe ridursi quest’oggi dopo il posticipo di “fuoco” Ascoli-Sudtiriol, in programma alle 16:15, vero e proprio scontro salvezza.
Numeri da retrocessione
L’allontanamento di Marino si inquadra in un contesto ben peggiore rispetto a quello nel quale era maturato l’esonero del suo predecessore, a inizio autunno. In 14 gare l’allenatore di Marsala ha totalizzato 17 punti, pari ad una media di 1,2 a partita. Bilancio di 4 vittorie, 5 pareggi e 5 sconfitte. Ruolino ancora più negativo nelle ultime 10 uscite, foriere solo di 9 punti. Disastrosa la differenza reti, con un saldo negativo di -5, in barba alla definizione di «squadra propositiva»: 15 gol realizzati, 20 subiti. Preoccupante il crollo verticale del Bari dopo i timidi segnali di ripresa lanciati tra la fine del girone di andata e il primo tempo di Ascoli. Dalla ripresa al Del Duca i biancorossi hanno incassato due sconfitte e un pareggio, subendo 7 gol in 225’. All’attivo solo il momentaneo doppio vantaggio contro i marchigiani, dilapidato a causa del tracollo accusato nella ripresa del match. Imbarazzante poi la prova offerta una settimana dopo al San Nicola contro la Reggiana (0-2), in allarmante continuità con l’atteggiamento passivo mostrato ad Ascoli. La sconfitta a Palermo ha solo cristallizzato la mediocrità, i limiti tecnici e la confusione tattica mostrati già nei precedenti appuntamenti, aprendo la seconda crisi tecnica stagionale.
Spogliatoio bollente
Il “giallo” dell’assenza di Sibilli e Ricci nella gara del Barbera è la punta dell’iceberg. Pur inseriti nella lista dei convocati, il laterale sinistro e l’attaccante (capocannoniere del Bari con 7 gol), entrambi titolari, sono stati lasciati a casa. Ufficialmente per una «sindrome influenzale», tesi fornita dal Club, che però sin da subito aveva suscitato perplessità, soprattuto sulla base degli spifferi fuoriusciti dallo spogliatoio, secondo i quali i due tesserati sarebbero stati protagonisti di una discussione molto animata durante la rifinitura pre Palermo, giovedì mattina. La risposta piccata di Marino dopo la partita, sul tema del forfait dei due calciatori («non parlo degli assenti, ma dei presenti»), è apparsa come la conferma indiretta di qualcosa di abbastanza “delicato” avvenuto a Bari.
Tutti sul banco degli imputati
In primo luogo calciatori e l’allenatore, ovviamente, quest’ultimo incapace di imprimere la svolta e anzi responsabile di aver minato l’equilibrio della squadra, che fino all’esonero di Mignani, pur non brillando, aveva subito solo una sconfitta, peraltro a Parma. Le criticità legate ad infortuni e ad altre contingenze non sono alibi sufficienti per giustificare un rendimento da zona rossa.
Il Ds
Evidenti le responsabilità di Ciro Polito, che con troppa fretta e “leggerezza” ha allontanato Mignani ad ottobre («con lui non vedo futuro»), puntando tutto su Marino, presentato alla piazza come «un maestro di calcio al quale affido la mia vita». Purtroppo finora infelici quasi tutte le scelte del direttore sportivo: l’annunciata esclusione dalla lista di Aramu è il manifesto di un mercato estivo quasi fallimentare. Solo Sibilli si è mostrato davvero all’altezza dei suoi predecessori. Tutti gli altri, partendo dall’attaccante preso dal Genoa in prestito (con obbligo di riscatto) hanno fatto rimpiangere i vari Cheddira, Antenucci, Folorunsho e Benedetti, ossatura vincente del Bari sconfitto nella finale playoff l’11 giugno. Polito ha delle attenuanti legate soprattutto ai gravi infortuni di Menez, Diaw, Maiello e Koutsoupias. Ma la scelta di puntare sull’impalpabile Aramu, unita alla volontà di non inserire un altro centravanti, pur avendo l’opportunità di farlo prima che chiudesse il mercato estivo, ha reso ancora più complicata la situazione. Troppo presto per emettere giudizi sulla campagna di riparazione, ma per il momento solo Kallon si è dimostrato pronto alla causa. In grave ritardo di condizione Lulic. Anche Puscas è da aspettare.
La proprietà
Polito non ha però tutte le colpe del disastro. Un uomo forse lasciato troppo solo al “comando” e con risorse non del tutto adeguate all’allestimento di una squadra che potesse confermare sul campo il livello di competitività dello scorso anno. La carenza e le ambiguità mostrate dal presidente Luigi De Laurentiis sul piano della comunicazione, dal punto di vista della trasparenza (le cessioni di Caprile e Cheddira) e della chiarezza, hanno poi alimentato in maniera esponenziale il malcontento della piazza, da sempre latente per effetto delle questioni legate alla multiproprietà, nodo da risolvere il prima possibile, per il bene di tutti. Ora però è il tempo della responsabilità, da parte di ogni componente, tecnica e societaria. Solo così sarà possibile ricompattare l’ambiente e mettere in salvo la categoria.