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Da un mare all’altro della Puglia in handbike, lo sport oltre le barriere: l’impresa di Angelo Rammazzo

Una grande impresa per dimostrare che diversa abilità non è sinonimo di inabilità. Angelo Rammazzo, 54 anni, ha percorso in handbike un tragitto che lo ha portato ad attraversare la Puglia da un mare all’altro. Un percorso di 97,3 km dallo Ionio all’Adriatico, partendo da Porto Cesario e arrivando a Casalabate. Ma non era solo…

Una grande impresa per dimostrare che diversa abilità non è sinonimo di inabilità. Angelo Rammazzo, 54 anni, ha percorso in handbike un tragitto che lo ha portato ad attraversare la Puglia da un mare all’altro. Un percorso di 97,3 km dallo Ionio all’Adriatico, partendo da Porto Cesario e arrivando a Casalabate. Ma non era solo nell’impresa. Con l’atleta di Mesagne c’era l’atleta paralimpico e Iron man Carlo Calcagni. Angelo fa parte del “Team Calcagni”, una squadra ciclistica che svolge attività paralimpica sia amatoriale che agonistica. L’idea è nata ispirandosi al percorso Tirreno-Adriatico, una corsa a tappe maschile di ciclismo su strada.

«Si era appena svolta la gara – racconta Angelo – io mi rivolsi a Carlo e dissi: “Che ne pensi se facessimo i due mari in handbike?” Lui mi disse subito di sì. Siamo partiti da casa sua, io lo raggiunsi partendo da Mesagne. Abbiamo toccato Porto Cesario, Veglie, Torre Mattarelle, Casalabate, Squinzano e Campi salentina».

Mantenendo una velocità media di 22km/h, sono riusciti ad andare e tornare a Porto Cesario in ben cinque ore. Un allenamento costante quello di Angelo, che percorre mediamente 70 chilometri al giorno, sia per mantenersi in forma e poter affrontare le più alte competizioni, ma anche come occasione per socializzare e dare un buon esempio ai diversamente abili, affinché trovino la forza di mettersi in gioco per abbattere qualsiasi barriera, mentale e materiale.

«Attraverso gli sport che ho praticato – spiega – ho sempre realizzato ciò a cui tenevo di più: l’integrazione nella società e la soddisfazione di raggiungere traguardi insperati. Sono stato dirigente della Federazione italiana sport disabili e ho fatto per alcuni anni l’istruttore di nuoto. Ho partecipato a competizioni importanti come la Tappa di Sulmona in handbike. Lo sport è un modo per sentirsi liberi, anche se nella vita di ogni giorno gli ostacoli da affrontare sono tanti».

Con la sua handbike, dimostra che la diversa abilità non deve essere un handicap, anche se spesso la società la rende tale.

«Quando pratico nuoto – afferma – o quando corro con la bike mi sento bene. Mi piace fare queste piccole imprese, ho anche attraversato per quattro volte lo stretto di Messina. Mi dà un senso di libertà non affrontare, almeno quando mi alleno, le difficoltà quotidiane della vita, come andare alla posta e trovare la barriera architettonica, o non poter andare a prendere un caffè con un’amica perché mancano gli accessi».

Angelo Rammazzo vive la corsa come metafora dell’impegno e dell’amore per la vita, che va vissuta con entusiasmo e passione. Il suo esempio è stato anche di ispirazione per la tesi di laurea, a tema disabilità nello sport, della preparatrice atletica Clara Mongelli, della federazione “Roxena sport club” di Bari, alla quale l’atleta è iscritto. Ma guai a considerarlo un eroe.

«Non mi sento un eroe – dichiara – lo sport fa tantissimo e per me è davvero tutto. L’handbike è una rivincita, consiglierei a tutti, soprattutto ai ragazzi con disabilità, di praticarlo. È necessario buttarsi a capofitto, fare quello che piace fare, anche se ci si deve scontrare con il quotidiano, non perdere di vista i propri sogni, anche se non sarà semplice realizzarli».

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