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Caso Portanova: dall’intesa al clamoroso passo indietro per «ragioni di opportunità»

Il retroscena sul clamoroso dietrofront: già dalla serata di lunedì 30 gennaio, subito dopo che è trapelata la notizia dell’accordo per il trasferimento in biancorosso di Manolo Portanova, centrocampista offensivo del Genoa, sui social si era scatenata una vera e propria bufera. I tifosi, letteralmente inviperiti e in preda ad una fortissima indignazione, hanno riempito…

Il retroscena sul clamoroso dietrofront: già dalla serata di lunedì 30 gennaio, subito dopo che è trapelata la notizia dell’accordo per il trasferimento in biancorosso di Manolo Portanova, centrocampista offensivo del Genoa, sui social si era scatenata una vera e propria bufera.

I tifosi, letteralmente inviperiti e in preda ad una fortissima indignazione, hanno riempito bacheche e gruppi manifestando il proprio disappunto per l’operazione, condotta dal direttore sportivo sotto traccia già nelle scorse settimane, fino al raggiungimento di un’intesa verbale allo Sheraton di Milano. Proprio la reazione rabbiosa della tifoseria, probabilmente sottovalutata dalla società biancorossa, ha quindi portato nella notte tra lunedì e martedì ad un fitto scambio di messaggi ed email tra il Ds biancorosso e il presidente De Laurentiis. Una corrispondenza con il chiaro intento di approfondire la situazione, congelando nel frattempo l’intesa.

I colloqui sono poi proseguiti anche ieri mattina, fino ad un summit a tre che ha visto da una parte Polito e il procuratore del giocatore, dall’altra, collegato al telefono, l’amministratore unico del Club pugliese. Sul tavolo l’esame di tutti i pro e i contro dell’operazione, che al netto dell’utilità dal punto di vista tecnico-sportivo, aveva dato vita ad un gigantesco putiferio a causa della delicata vicenda giudiziaria che ancora pende sul giocatore. Alla fine del confronto le parti, di comune accordo, per «ragioni di opportunità» hanno deciso di tornare indietro sui propri passi e rinunciare al perfezionamento del trasferimento. Nonostante la scelta, che a posteriori pare di buon senso, resta da chiedersi come sia stato possibile imbastire il dialogo, poi sfociato nell’accordo di massima, in considerazione della condanna a 6 anni per violenza sessuale di gruppo su una studentessa, inflitta in primo grado dal Tribunale di Siena al trequartista genoano lo scorso 6 dicembre.

Proprio dopo la sentenza il giocatore era stato messo fuori rosa dal club ligure, a causa delle forti pressioni dei tifosi. Un capo d’imputazione gravissimo, del quale il giocatore, in attesa dell’appello, è stato riconosciuto colpevole e che quindi, visto l’impegno della SSC Bari in materia di contrasto alla violenza di genere, avrebbe dovuto suggerire sin da subito maggiore prudenza, evitando di percorrere un terreno così minato. Tra i motivi di opportunità (non soltanto etici) non è da escludere anche la volontà, date le circostanze, di non sobbarcarsi di un altro peso difficilmente gestibile, non solo dal punto di vista ambientale, per le proteste della piazza, ma anche umano, in relazione allo stato d’animo certamente poco sereno del calciatore nel vivere una pressione altissima, ancor prima di vestire la maglia del Bari.

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