C’è un’anima barese purosangue nella squadra biancorossa in lotta per la A. Per Nicola Bellomo, “figliol prodigo” della Città vecchia, tornato in estate nella sua Bari, tra dubbi, poi spazzati via da tante certezze, sono i giorni della passione vera. Dei brividi lungo la schiena e dei crampi allo stomaco che non ti lasciano dormire.
Un traguardo così ambizioso e atteso nel capoluogo pugliese da oltre 14 anni per il centrocampista offensivo cresciuto nei vicoli all’ombra della Basilica di San Nicola non può che avere un sapore ed un valore profondamente diverso rispetto a tutti i suoi compagni di squadra. I primi 45 minuti giocati da Bellomo nella seminale di ritorno contro il Sudtirol sono il manifesto più efficace di uno spirito che ha incarnato tutta la fame e la voglia di “gloria” del popolo biancorosso. «Stiamo vivendo un sogno. Io specialmente, essendo del posto. Emozioni che non si possono spiegare. Non abbiamo dormito dopo la sconfitta di Bolzano, ma io continuo a non dormire. Forse è meglio. Così si resta svegli fino alla gara di Cagliari», il racconto con gli occhi lucidi e pieni di orgoglio di appartenenza del trequartista barese. «La cosa che mi ha colpito – ha proseguito Bellomo – è stato l’ingresso in pullman nello stadio. Eravamo carichissimi e volevamo riscattarci. Una serata perfetta. Per quello che abbiamo dimostrato durante la stagione era giusto che arrivassimo noi in finale. L’abbiamo meritato». Bellomo non ha dimenticato le scintille con Bisoli nel finale della semifinale di andata al Druso, rispondendo per le rime al tecnico del Sudtirol. «A volte bisogna comportarsi a modo. Tra noi non era mai successo nulla, anche a Vicenza dove lui mi allenava. Non so che problemi avesse. Ma la risposta bisognava darla sul campo. Mandarli a casa. Quella è stata la riposta più bella».
I 102 minuti contro gli altoatesini, pur suscitando ancora farfalle nello stomaco, appartengono però alla storia. Tra il “paradiso” e il Bari c’è di mezzo un’altro ostacolo. E stavolta la montagna da scalare è di quelle dove in cima manca l’ossigeno. «Dobbiamo affrontare il Cagliari come abbiamo fatto sempre durante tutto il campionato. Sappiamo che giochiamo contro una delle squadre che doveva vincere il torneo. Ranieri ha dato una grossa mano. Bisogna andare lì per fare la nostra partita, sapendo che avremo due risultati su tre, ma non pensando al pareggio, bensì giocandocela. Siamo grandi e vaccinati, la prepareremo nel migliore dei modi. Lo spirito giusto per conquistare la promozione? Quello che abbiamo sempre dimostrato, ossia di una squadra equilibrata, aggressiva e compatta. Mettendo in campo l’atteggiamento della semifinale di ritorno. Arrivando in due, tre uomini sul pallone. Gli stimoli? Vengono da sé. Io sono di Bari, ma anche i miei compagni avvertono la responsabilità».
Bellomo si prepara a vivere le settimane forse più importanti della sua vita. Prima la doppia finale per la A. Poi, a luglio, la promessa sull’altare con la sua Angela. «Se festeggiassi due volte sarebbe molto più bello. Tempo fa dissi scherzando che per me la promozione sarebbe come una festa patronale. Sono emozionato solo a dirlo e a pensarlo. Per questo voglio stare un po’ più tranquillo. Perché ora ci giochiamo la cosa più importante. In città si sente l’aria della serie A. I vecchietti quando mi incontro per strada mi chiedono: “La ma’ pigghjà la A?”. Anche i bimbi hanno lo stesso pensiero. Stiamo vivendo una bella cosa. Analogie con il Bari di Conte? Non ho vissuto quella stagione da protagonista, ma le tante vittorie fuori casa sono un aspetto in comune».
Petto in fuori per Bellomo, autore di 2 gol in campionato in 25 presenze, ricordando come l’obiettivo sia stato spostato dalla “salvezza” sul massimo traguardo raggiungibile. «Abbiamo iniziato senza aspettative. Ma poi è stata costruita una bella squadra. Con il passare delle giornate, quando abbiamo vinto, convinto e battuto corazzate ognuno di noi ha maturato consapevolezze. Non lo dicevamo, ma dentro di noi sin dal primo giorno nello spogliatoio avevamo fissato quell’obiettivo. È facile dirlo adesso, ma noi lo sapevamo. Ora dobbiamo raggiungerlo. Perché è stato tutto bello, ma alla fine conta solo la vittoria. Vincere qui a Bari, specialmente per me è il massimo. Cosa posso chiedere di più. Bari è bella, si mangia bene, si sta bene veramente. È bello così. Merita la A e di ambire anche a qualcosa di più…».