Bari, stipendi d’oro a gennaio. Soldi investiti male: ha speso di più solo il Como degli Hartono

Altro che problemi di budget. Il Bari si piazza al nono posto nella classifica di serie B che prende in esame il monte ingaggi generale delle 20 squadre iscritte al campionato, aggiornato al mercato di gennaio. È quanto si evince dai dati trasmessi dalla Lega B ai club partecipanti al torneo cadetto. Nell’analisi non viene considerata la parte variabile: si tratta dei cosiddetti bonus, spesso inseriti nei contratti dei tesserati e dei dirigenti, che possono maturare sulla base di determinate condizioni. La società pugliese si inquadra dunque quasi a metà della graduatoria, alle spalle delle formazioni retrocesse dalla serie A, come noto sostenute da ingenti paracadute, e delle “corazzate” a trazione straniera.

Il totale

La cifra complessiva riguardante gli emolumenti riferiti alla stagione sportiva in corso di svolgimento è pari a circa 10,8 milioni di euro. Non si può certo definire un investimento folle, ma coerente con la politica della sostenibilità, pilastro della gestione aziendale che caratterizza da sempre la famiglia De Laurentiis, sia a Bari, che a Napoli. La differenza rispetto alle retrocesse munite di paracadute e alle big alimentate da fondi americani e proprietà estere è però sostanziale. Il Pisa a “stelle e strisce” precede il club biancorosso in ottava posizione, con una cifra superiore di quasi 7 milioni rispetto a quella investita dai De Laurentiis nel capoluogo pugliese. A salire si trova quindi il Palermo del City Group (18,8 milioni), lo Spezia statunitense di Philip Raymond Platek (19,7 milioni), il Venezia, sempre americano, di Duncan Niederauer (20,5 milioni), la Cremonese, di proprietà italiana, (22,2 milioni). Sul podio si incrocia il Parma del gruppo Krause (Usa, 22,3 milioni), quindi il Como dei miliardari indonesiani Hartono (23,6 milioni) e infine la Sampdoria di Manfredi, che con 25,5 milioni è la regina della serie B per monte ingaggi. Non sfugge il dato delle tre squadre beneficiarie del “paracadute” concesso a causa della retrocessione in B, che oscilla in una forbice compresa tra i circa 20 milioni dello Spezia e gli oltre 25 dei blucerchiati, passando per i 22 milioni della Cremonese.

Gennaio, stipendi d’oro per il Bari

Si parte da un dato: solo il Como ha messo sul piatto più soldi per gli emolumenti da garantire ai nuovi calciatori arrivati nel corso della sessione invernale di mercato: 1,3 milioni di stipendi in più per il club lariano, a fronte di 1,2 milioni investiti dalla società pugliese. A pesare per le casse biancorosse c’è soprattutto l’ingaggio di Puscas (540mila euro), l’oneroso contratto di Iachini (circa 2 milioni totali fino al 2025) nella parte ovviamente compresa fino al 30 giugno prossimo, e gli emolumenti di Lulic e Kallon. Nel mercato invernale non si può affermare che De Laurentiis non abbia tenuto fede all’impegno di correggere i tanti, troppi errori commessi sul piano tecnico durante la stagione.

Capitolo cartellini

Non è certo questo il punto di forza della gestione De Laurentiis. È qui che arrivano le note dolenti. L’amministratore unico della Ssc Bari più volte ha ribadito di non possedere «la stessa profondità di tasca delle big», lasciandosi guidare dalla bussola dei conti in ordine. Rispetto ai soldi necessari per l’acquisto dei cartellini e per finanziare i prestiti onerosi, in questa stagione il Bari ha speso meno di 1,5 milioni. Pur trattandosi di una somma ben lontana dalla doppia cifra del Palermo, giusto per fare un esempio, il club pugliese occupa ancora una volta il nono posto. Le più spendaccione restano, anche in questo caso, le stesse big, italiane e straniere, già menzionate.

Il bilancio

In sostanza dal punto di vista economico-finanziario il Bari ha ricalcato le politiche già adottate nella scorsa stagione (come è possibile evincere dal bilancio ’22-’23), facendo registrare, con ogni probabilità, un incremento del budget totale proprio per effetto dell’impennata degli emolumenti. Tuttavia, quale che sia l’esito del campionato, alla storia verrà consegnato un enorme paradosso: aver investito più denaro a gennaio piuttosto che in estate. Non una scelta frutto di strategia, ma l’inevitabile conseguenza di dover riparare le numerose falle emerse nella prima parte del campionato. Con il senno di poi i conti indicano che l’indirizzo troppo “leggero” adottato dal 1 luglio al 1 settembre sia stato pagato a caro prezzo in seguito. È invece inoppugnabile, come al di là del quantum, le risorse impiegate abbiano prodotto finora pessimi frutti, in termini di prestazioni e di risultati. Magari chissà, anche questa si tradurrà in una lezione per il futuro.

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