Dalle lacrime dell’11 giugno, alle certezze da cui ripartire in vista del prossimo futuro per tentare un nuovo assalto alla Serie A, spolverando anche l’album dei ricordi. A l’Edicola del Sud, Pier Luigi Pardo, conduttore tv, già telecronista sportivo di Mediaset, Sky Sport e Dazn, passa ai raggi X il momento del Bari.
Dopo l’epilogo amaro dell’11 giugno, il Bari come deve proiettarsi verso la nuova stagione?
«Si riparte continuando. La stagione del Bari è stata dolorosa solo alla fine, ma per il resto molto positiva, soprattutto ai playoff. È chiaro che quando arrivi a 2 minuti dalla A è va a finire come sappiamo si parli di dolore. Ma penso che Bari abbia la forza societaria e il bacino d’utenza, nonché tutte le condizioni, per tornare rapidamente in Serie A».
Quello dello scorso anno è stato un “miracolo sportivo” o qualcosa di più?
«Forse un miracolo incompiuto. Ma non parlerei di miracolo. Il Bari si è rivelato una buona squadra che secondo me è arrivata in forma ai playoff. Un po’ come il Cagliari, che aveva passato un momento difficile e poi con l’arrivo di Ranieri ha conquistato gli spareggi promozione, superando ai playoff anche i momenti di difficoltà. Alla fine ha avuto qualcosa in più, ma sono due storie abbastanza simili».
Si riparte dal binomio Polito-Mignani, giusto così?
«Mi sembra che il risultato sportivo debba essere visto nel suo complesso. Questo vale per tutti, anche per le squadre italiane che sono arrivate nelle finali europee e poi non hanno vinto, pur giocando buone partite. Penso alla Roma, penalizzata dall’arbitro, all’Inter, come alla Fiorentina, che deve rimproverarsi delle ingenuità. Lo stesso discorso vale per il Bari, quindi rispondo assolutamente sì, è la scelta giusta».
Cheddira-Caprile, i due gioielli in vetrina del Bari: cessioni inevitabili?
«Li vedo come Holly e Benji. Sono scelte di mercato che si applicano a tutti i livelli, anche in A. Siamo in un momento nel quale nessuna società può considerare incedibili i propri gioielli, almeno in Italia. Non può farlo nemmeno il Napoli, che ha vinto lo scudetto, nemmeno le tre grandi del Nord. Di conseguenza non può sottrarsi a questo nemmeno il Bari. Oggi il player trading, ossia la capacità di vendere e comprare bene, è fondamentale. È un po’ triste per il calcio italiano, perché siamo abituati ad epoche nelle quali dominavamo e potevamo “dare le carte”. Oggi non è più così e se arriva un’offerta congrua per Onana l’Inter lo vende, come penso accadrà. Come successo già per Tonali».
La famiglia De Laurentiis, che era pronta a vendere il Bari con la promozione, va avanti nel suo progetto. Lo considera un limite o un’opportunità ulteriore?
«Non è un limite. Anche il pensiero che qualcuno poteva avere, secondo me sbagliando, e cioè che il Bari non volesse puntare alla A, mi pare che si sia rivelato completamente sbagliato, visto che è arrivato a 2 minuti dalla promozione. Non c’è dubbio che abbia fatto di tutto e di più per conquistare questo traguardo. Secondo me è un’opportunità; e poi credo che ci sia già un piano B abbastanza preciso. Lo vedo più un aspetto positivo. Essere parte di un gruppo che sta facendo molto bene, è un’occasione anche di possibili sinergie».
L’immagine più bella dell’ultima stagione resta quella dei 60mila del San Nicola nella finale playoff?
«Non mi sorprendono. È la dimensione di Bari. Ho fatte tante partite della Bari, anche in Serie A. Solo chi non la conosce si può sorprendere di una cosa del genere. Certamente il calcio di oggi va “drammaticamente” dove ci sono i soldi, in senso lato dove c’è l’interesse, l’entusiasmo, il bacino d’utenza. Bari da questo punto di vista credo abbia una forza enorme. Quindi penso che nel medio lungo periodo questa sia una garanzia per poter arrivare in A e restarci da protagonista».
In chiusura ci racconta qual è il primo ricordo che le viene in mente pensando a Bari?
«Beh, non può che essere Antonio Cassano e la sua partita contro l’Inter».