Bari, parla l’ex attaccante biancorosso Kutuzov: «È il pubblico la chiave del successo»

«A Bari il calcio è più di un gioco. Penso che in questi anni sia stato fatto un ottimo lavoro e il pubblico del “San Nicola” può essere la chiave del successo». Ne è convinto Vitali Kutuzov, attaccante bielorusso che ha vestito la maglia biancorossa per tre stagioni e mezzo, giocando 54 partite e segnando sette gol, vivendo da protagonista la cavalcata in B del 2008/09 e il decimo posto in A del 2009/10, ma anche l’amara retrocessione dell’anno successivo.

Vitali, per il Bari due risultati su tre a disposizione dopo il pari dell’andata. Come si affrontano queste partite?

«Nei play-off si vive sempre un certo clima. Bari assapora questa grande emozione per la finale, ma non dimentichiamo che è già un ottimo risultato per una neopromossa. A Bari il calcio è più di un gioco».

La squadra ha già sorpreso, il doppio salto sarebbe un’impresa.

«Non è facile misurarsi subito con la categoria, trovando i giusti giocatori e creando un ambiente lavorativo sereno. Penso sia stato fatto un ottimo lavoro».

Il Bari ha mostrato un grande carattere. Quanto conta in queste partite?

«Carattere e determinazione sono fondamentali, devono esserci sempre nel Dna di una squadra, dei suoi leader e di chi la gestisce, perché nei momenti di difficoltà sono le caratteristiche che devono emergere».

Cosa l’ha colpita di più?

«La mia sensazione è che il Bari giochi con la libertà di poter sbagliare, dato che è una neopromossa: permette di avere una marcia in più. È già oltre le aspettative, quindi la squadra gioca libera e in maniera naturale, creando di più».

Che impressione le ha fatto mister Mignani?

«Manca la gara più importante, ma resta l’ottimo lavoro fatto a prescindere dal risultato. Così come la dirigenza, che ha riportato il Bari a essere protagonista: è fondamentale avere una società seria, perché si costruiscono i pilastri per il futuro. Tutte componenti che hanno aiutato un mister di esperienza, maturata in diverse categorie, a creare una squadra solida e compatta, che lavora in sincronia».

Da ex attaccante, come vede il reparto offensivo?

«Trovare un attaccante da tanti gol non è facile. Per una neopromossa conta molto anche il contributo del centrocampo».

Ma Cheddira ha segnato davvero tanto.

«È un ottimo giocatore. Avrebbe potuto essere la chiave per andare direttamente in A, ma credo che il Mondiale di mezzo abbia un po’ mischiato le carte».

Antenucci sempre freddissimo.

«Altro ottimo giocatore. Complimenti alla dirigenza per aver costruito un reparto offensivo così».

Il “San Nicola” sarà una bolgia. Quanto aiuta il calore del pubblico?

«Il Bari è già oltre le aspettative, quindi ora il pubblico può essere la chiave del successo. Insieme si andrà a prendere tutto quello che verrà. Ed è bello».

Che ricordi ha del “San Nicola”?

«La prima volta al “San Nicola” giocavo in B nel Pisa e il settore ospiti era quasi più pieno del resto dello stadio: mi ha fatto un po’ riflettere. Poi, quando militavo nel Bari, l’ho visto pieno. Una sensazione bellissima. Il pubblico dà valore al lavoro fatto».

Sulla multiproprietà che idea si è fatto?

«Storie che capitano. Credo che la società abbia già un piano per venir fuori da questa situazione. Vincere fa anche aumentare il valore di giocatori e società».

Protagonista della cavalcata in B e delle stagioni in A. Che ricordi porta con sé?

«Vedere lo stadio riempirsi è il ricordo più bello, perché si percepiscono l’amore e il calore della città verso il calcio. Conservo tanti piccoli flash che mi rimarranno per sempre».

Prima in A, gol in casa dell’Inter. Decimo posto finale. Quante soddisfazioni vi siete tolti?

«Ci siamo divertiti. Quel gol alla prima giornata è stato importante. Ci ha dato la convinzione di potercela giocare contro chiunque».

C’era Ventura in panchina. Quanto è legato al mister?

«Abbiamo avuto sempre un buon rapporto. Avevamo lavorato insieme già a Pisa. C’è un grande legame. Ha creduto in me e a quasi trent’anni mi ha fatto scoprire risorse nascoste. Mi ha insegnato tanto e mi ha fatto migliorare. Quando mi ruppi il tendine, già pensava a come dovevo recuperare per essere pronto per la stagione successiva. Era una squadra con grandi valori, che veniva anche dalla solida base del lavoro fatto con mister Conte».

Torna mai a Bari?

«Poche volte, perché sono sempre in giro. Ma ho sempre voglia di tornare».

Cosa fa oggi?

«Gioco a hockey e ho creato un software per società calcistiche, con tutti i benefit che si possono creare con questo business. Ho scritto un libro, in russo, in cui racconto tanti aneddoti della mia carriera, anche col Bari».

Consiglierebbe qualche giovane bielorusso al Bari?

«Non abbiamo più grandi nomi e non escono talenti dai vivai. È un problema da affrontare: tra dieci milioni di abitanti qualche talento deve pur esserci. Stiamo perdendo anche la popolarità del calcio. Magari un giorno potrei diventare il presidente della Federazione bielorussa, perché penso che il nostro calcio meriti di più. A me piace lavorare e cerco di essere luce per i giovani, perché ho avuto la fortuna di attraversare i boschi nel buio e di uscirne anche grazie ai maestri avuti. Ora voglio condividere con i ragazzi che vogliono migliorare tutto quello che so».

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