Studenti di nuovo in piazza a Bari, la protesta davanti all’Adisu: «Diciamo basta al caro affitti»

Si incontreranno presso la sede regionale dell’Adisu, in via Giustino Fortunato, per riportare al centro del dibattito politico il tema del caroaffitti, che grava sulle spalle di migliaia di studenti fuori sede. A Bari se ne contano oltre 7mila, a fronte di una manciata di posti letto messi a disposizione dell’ente. A manifestare, rispondendo all’appello nazionale, saranno i militanti di “Cambiare Rotta”, l’organizzazione comunista che già a maggio scorso protestò allestendo la tendopoli davanti all’ingresso dell’Ateneo.

Bari si aggiudica il triste record di città italiana dove i prezzi degli affitti sono cresciuti di più. «A questo si aggiunge una quantità di studentati pubblici assolutamente insufficiente per i più di 7mila studenti fuorisede dell’Università di Bari», dichiarano i militanti dell’organizzazione comunista. Che poi rincarano la dose: «Non sono state date risposte di nessun tipo da parte del Governo, anzi, oltre il danno anche la beffa: non soltanto non si sta sviluppando un intervento strutturale a partire dalle legislazioni – evidentemente fallimentari – in materia di studentati pubblici e mercato degli affitti, ma anche i fondi Pnrr si stanno rivelando per la loro vera natura».

Ma tra gli aspetti che gravano la vita degli studenti fuorisede, non ci sarebbero solo gli affitti alle stelle. «L’inflazione generalizzata va a colpire diversi aspetti del costo della vita, dalle bollette alla spesa. Regioni ed atenei, però, stanno affrontando disordinatamente questa situazione aumentando in alcuni casi agevolazioni come il bonus affitti o i contributi di locazione, ma anche istituendo nuovi fondi di sostegno o di garanzia per gli affitti: una serie variegata di misure a seconda della disponibilità economica dell’ente regionale o dell’ateneo specifico».

Chiare le richieste dei militanti. In primis ci sarebbe l’abolizione della legge 338/2000, che ha abolito il calmiere al prezzo degli affitti. Fondamentale, poi, la richiesta di un reddito universitario da finanziare con i profitti delle aziende che collaborano con gli enti universitari.

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