Inaugurato l’anno accademico dell’UniBa, Bronzini: «Nessuna collaborazione con chi viola i diritti»

Numeri «virtuosi e in crescita» per l’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari che oggi ha inaugurato il nuovo anno accademico.

«Ci sono molti problemi, ma ci sono anche molti sviluppi e questo anno accademico comincia riflettendo, studiando, creando nuovi modelli che forse produrranno numeri», ha evdenziato il rettore Stefano Bronzini a margine dell’inaugurazione.

«Adesso – ha aggiunto – bisogna agganciare questa crescita ai territori, con ricadute significative».

Bronzini ha chiarito che «quando si parla di finanziamenti vuol dire che non si hanno idee. Noi preferiamo parlare prima delle idee e poi dei finanziamenti».

Il rettore non ha nascosto la sua preoccupazione per «come si giunge a dibattere sull’autonomia differenziata. Alcuni fenomeni di autonomia nel Paese sono già presenti, penso alla sanità e ad altri settori, e penso che non tutti abbiano dato esiti virtuosi», ha affermato.

«Farei una domanda – ha concluso Bronzini – quali sono i luoghi dove si dibatte sull’autonomia differenziata? Le università possono esserlo perché abbiamo tutte le competenze per guardare lontano. La ricerca è un grande binocolo, bisogna saperlo utilizzare».

Il discorso del rettore

Nel suo discorso durante la cerimonia inaugurale, Bronzini ha evidenziato che «gli scenari di guerra e la strage di innocenti sono inconcepibili, inaccettabili e devono imporre scelte decise. Proporrò agli organi di governo il congelamento di tutte le nostre collaborazioni con Paesi, fondazioni e aziende, insomma con tutti coloro che non rispettano diritti civili, i principi di pace e libertà. Nessuna esitazione è più possibile se vogliamo essere credibili», ha annunciato.

«Con la stessa chiarezza – ha proseguito – affermiamo che sono state vistose le incrinatura del Paese, i cedimenti, le crepe, l’incapacità di una programmazione, evidenziate dalla pandemia. Quelle emergenze permangono nel presente e amplificano un’incertezza diffusa. Le fragilità del presente – ha detto Bronzini – diventate spesso patologie, risiedono proprio in quell’incertezza o addirittura assenza di futuro generata anche da una idea distorta del concetto di tempo».

Bronzini ha spiegato che «studentesse e studenti subiscono una insopportabile pressione: alla capacità di riflessione abbiamo anteposto la capacità di essere veloci. Meglio veloci che riflessivi? Che assurdità – ha detto -. Il pensiero è riflessione. Al fate presto dovremmo sostituire fate bene, anzi fate meglio di come è stato fatto fino ad adesso».

Proprio per venire incontro alle necessità degli studenti, ha ricordato Bronzini, «abbiamo, primi in Italia, istituito un fondo per agevolare coloro che, dopo gli incontri con i nostri psicologi, volessero continuare il percorso terapeutico fuori dal nostro counseling. Pur confermando con orgoglio la nostra scelta, mi domando: è nostro compito sopperire a questioni che pertengono al welfare? Mi stupisce che nessuno lo abbia rilevato».

Per il rettore dell’Università di Bari «è necessario costruire nuovi modelli per evitare che gli studenti siano considerati semplicemente dei consumatori».

Bronzini ha chiarito che «si deve avere una comune ambizione: avere spazi urbani arredati con laboratori diffusi e accessibili, spazi di socializzazione, e luoghi urbani dedicati alla contaminazione dei saperi e alla coesistenza dei cittadini con la ricerca» e che si deve parlare «non di città universitarie» ma «di città della conoscenza».

Concludendo, Bronzini ha parlato anche della «preoccupazione per la crescente istituzionalizzazione del precariato. Si parla spesso di merito – ha aggiunto – termine per me pieno di contraddizioni, se non lo si affianca al sostantivo opportunità. Suggerisco di attrezzarsi con risposte credibili prima della conclusione della ricostituente iniezione Pnrr. Il 2026 è dietro l’angolo».

La cerimonia di inaugurazione

La cerimonia di inaugurazione del nuovo anno accademico è stata dedicata al “senso del limite“. «Un concetto straordinario e che noi abbiamo perso», ha detto Stefano Mancuso, botanico e docente di Arboricoltura generale ed etologia vegetale all’Università di Firenze, ospite della cerimonia.

«Il non aver compreso che le nostre azioni hanno conseguenze, che esiste un limite e che il nostro pianeta è limitato, ci ha portato nella situazione che per quanto riguarda il problema ambientale è molto grave», ha aggiunto Mancuso. «Da 12mila anni – ha proseguito – l’uomo ha perso il senso del limite, è incapace di comprendere che fa parte di un sistema più ampio, di relazioni complesse e che ogni sua azione ha ricadute le cui conseguenze spesso avvengono in luoghi molto lontani. Noi – ha chiarito – consumiamo una quantità di risorse molto più elevate di quelle che potremmo permetterci, e una quantità di rifiuti e inquinamento maggiori di quello che il pianeta riesce a depurare».

Per lo scienziato «il problema è che non abbiamo un limite, non riusciamo a mantenerci nei limiti. Esistono diverse soluzioni, la più importante è educare, cambiare la testa delle persone».

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