Calo iscrizioni nelle Università, Uricchio: «Colpa è della crisi. Bisogna aprirsi al mondo»

Felice Uricchio è presidente dell’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca ma è anche l’ex rettore di una università importante come quella di Bari. I numeri del Censis mostrano tutte le difficoltà degli atenei meridionali che hanno problemi a reggere il peso della concorrenza. Nello stesso tempo, però, l’impostazione di questo genere di ricerche penalizza chi insiste su territori in cui la disoccupazione morde con forza.

Presidente, Bologna, Pavia e Siena guidano la classifica stilata dal Censis sulle università statali. Perché quelle meridionali occupano sempre le ultime posizioni?

«La classifica Censis esprime una rappresentazione del mondo accademico valorizzando alcuni indicatori certamente significativi ma che non considerano fattori di contesto e qualità della ricerca».

Uno dei parametri presi in considerazione è l’“occupabilità”, entro pochi mesi, dei neo laureati.

«Sicuramente le università meridionali scontano difficoltà in questo ambito e nella internazionalizzazione, sia per condizioni socio economiche che di ritardi nel rapportarsi alle università estere, certamente più distanti anche geograficamente. Sono minori, invece, le distanze della valutazione della qualità della ricerca come emerge dalle rilevazioni della Vqr Anvur».

Come si spiega il calo delle iscrizioni?

«È preoccupante, soprattutto da Roma in giù. Dipende in larga parte dalla crisi economica provocata da pandemia e dalla guerra».

Come si può cambiare la rotta?

«Ritengo fondamentali le politiche che il Mur ha messo in campo per il diritto allo studio e per l’orientamento».

Le università private, possono aiutare a colmare i gap o rappresentano un pericolo per gli atenei pubblici?

«Sono entrambe risorse essenziali per crescita culturale e lo sviluppo se rispondono a criteri di qualità sui quali, peraltro, vigila l’Anvur nel rispetto delle linee guida europee e ministeriali».

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