Un virus sotto la retina per tornare a vedere: al Policlinico di Bari l’intervento su una 11enne

Una paziente di 11 anni, affetta da una malattia genetica degenerativa della retina e destinata a diventare cieca, è stata sottoposta a un delicato intervento chirurgico al Policlinico di Bari: le è stato immesso, sotto la retina, un virus che agisce come un cavallo di troia per favorire la ripresa della vista.

Si tratta, spiegano dal Policlinico, di un “adenovirus” associato, non patogeno, che agisce da vettore di trasferimento genico ed è la prima volta in Puglia di un’operazione chirurgica che sfrutta un virus per il recupero della vista: alla retina viene fornita una copia sana del gene malato che riprende a funzionare normalmente.

Il farmaco somministrato rende disponibile alle cellule della retina il frammento di Dna che codifica per la proteina di un enzima essenziale per la visione, correggendo il difetto genetico alla base della distrofia retinica ereditaria ove la vitamina A non può essere utilizzata.

La paziente, a causa della patologia ereditaria, aveva già subito una importante compromissione del campo visivo. Per prepararla all’intervento aveva cominciato una terapia a base di cortisone. Attraverso un visore collegato alla realtà virtuale, i medici avevano testato le basse capacità visive della bambina: trasportata in una realtà virtuale, infatti, la paziente doveva muoversi cercando di affrontare e schivare gradini e ostacoli, ma li aveva centrati in pieno. Attraverso la realtà 3D, che simula un gioco ed è apprezzata dai pazienti più piccoli, continuerà il monitoraggio delle capacità visive per valutarne il corretto recupero.

A operare è stata l’equipe di Oculistica e Oftalmologia universitaria del Policlinico di Bari coordinata dal professor Giovanni Alessio. Il Policlinico di Bari è uno dei sei centri autorizzati in tutta Italia per questo tipo di intervento.

«La terapia genica è il futuro della medicina», spiega Alessio, direttore dell’unità operativa complessa di Oculistica e Oftalmologia universitaria del Policlinico di Bari. «Per arrivare a questo risultato è stato necessario lo sforzo congiunto dell’unità operativa di genetica medica, della farmacia, degli anestesisti, del rischio clinico, della direzione sanitaria e del centro malattie rare del Policlinico nonché tutta l’equipe dell’unità operativa di oculistica. Uno speciale ringraziamento va all’Associazione Pugliese per la retinite pigmentosa. Dopo tutti questi sforzi abbiamo aperto una nuova opportunità per i pazienti affetti da distrofia retinica con mancanza del gene hRpe65», conclude.

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