Tumori del sangue, tempi lunghi per un consulto: a Bari il punto su luci e ombre sulla gestione dei pazienti

Per prenotare le visite mediche ai pazienti con neoplasie ematologiche occorrono tempi lunghi che diventano lunghissimi se si tratta di ottenere un consulto medico. Le informazioni ricevute dallo specialista, poi, non risulterebbero adeguate e in molti casi manca un servizio psicologico a carico del Servizio sanitario nazionale che accompagni il paziente nel percorso di cura. Di contro, funziona molto bene la relazione tra il paziente e i volontari delle associazioni di riferimento.

È il quadro delineato dal progetto Bridge the gap, nell’ambito del quale si è tenuto oggi all’istituto tumori Giovanni Paolo II di Bari un incontro in cui sono stati presentati i dati emersi da un’indagine che ha coinvolto Puglia, Lazio e Lombardia.

Il progetto, a cura di Isheo e La Lampada di Aladino, ha l’obiettivo di descrivere lo scenario relativo all’attuale modello di assistenza del paziente ematologico e individuare i gap da colmare per costruire uno scenario auspicabile.

Il progetto ha coinvolto tre regioni italiane nelle quali è stata somministrata un’intervista strutturata ad una platea multistakeholders. I risultati dell’indagine sviluppata sul territorio pugliese andranno a costituire, insieme alle risultanze delle altre regioni, i pilastri sui quali verrà costruito il Piano di Intervento che sarà presentato il 30 maggio prossimo al convegno nazionale Bridge the gap, a Palazzo Ferrajoli a Roma.

«Partendo dai divari e dalle disuguaglianze storiche – ha spiegato Davide Petruzzelli, presidente de La Lampada di Aladino – con Bridge the gap intendiamo contribuire a delineare il profilo di un nuovo modello di presa in carico della persona con tumore del sangue, consapevoli delle difficoltà ma con la visione e l’entusiasmo che richiede il processo in atto di riconfigurazione del nostro sistema salute attraverso l’opportunità del Pnrr».

Rispondere ai bisogni dei pazienti non è affatto semplice e come risulta dallo studio ci sono ancora tante esigenze insoddisfatte (unmet need) dei pazienti e dei loro familiari.

«La Rete ematologica pugliese, una delle prime in Italia – ha chiarito Giorgina Specchia – fin dall’inizio si è posta l’obiettivo di migliorare l’assistenza ai pazienti ematologici. Conoscere i gap dell’assistenza è il punto di partenza imprescindibile ma è necessario che tutti gli attori coinvolti si rendano partecipi del cambiamento, obiettivo cardine del progetto. Questo può contribuire a cambiare la storia della malattia in termini di garanzia di appropriatezza diagnostica e terapeutica, tempestività delle cure, di un’adeguata assistenza dalla comunicazione della diagnosi alla spiegazione del percorso terapeutico e al follow-up».

Il Piano di intervento definirà i punti cardine inderogabili dell’assistenza ai pazienti oncoematologici, per rendere le cure uniformi su tutto il territorio nazionale. Tra i fattori che impattano, indirettamente, sul percorso di cura ci sono la carenza dell’assistenza domiciliare e la difficoltà ad essere seguiti adeguatamente dai servizi territoriali. La medicina territoriale, infatti, ha bisogno di diventare centrale nelle politiche sanitarie ma occorrono adeguati investimenti in risorse umane per realizzare strutturalmente la presa in carico.

«Finito il concetto dell’assistenza specialistica ospedali-centrica – ha affermato Attilio Guarini – si deve oggi puntare sull’integrazione ospedale-territorio, valorizzando i servizi di prossimità. Il DM77 ci offre un’opportunità in questo senso, prospettando una stretta collaborazione tra ospedale, medici di medicina generale, case di comunità e ospedale di comunità. Così si potrà coniugare l’equità nell’accesso ai servizi sanitari con la qualità e la sicurezza degli utenti e degli operatori, definendo percorsi flessibili di cura in ambito territoriale ed ospedaliero, anche grazie all’uso della telemedicina».

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