«La pandemia non è finita. Non siamo ancora in emergenza, ma i numeri parlano chiaro: occorre prendere tutte le precauzioni per evitarla». Questa la riflessione di Maria Chironna, ordinaria di Igiene dell’Università di Bari, riguardo la crescita dei casi di contagio da Covid19. Con un preciso monito: «Occorre rafforzare la sorveglianza epidemiologica-molecolare».
Come spiega questa impennata di casi Covid? C’è da preoccuparsi?
«Il rialzo dei tassi di incidenza dei casi di Covid19 è ascrivibile al fatto che si tratta di un virus pandemico che, con imprevedibilità, può ancora ripresentarsi con recrudescenze anche estive. Le avvisaglie c’erano già da settimane. Solo che la curva epidemica ora ha preso un brutto andamento. Non siamo all’emergenza ma non vorremmo mai arrivarci. È questo il punto. Ed è per questo che è giusto parlarne senza minimizzare. È evidente che la pandemia non è finita. E quindi, per quanto difficile da accettare, dobbiamo prendere atto di quanto sta accadendo, che non è affatto normale, come molti si affrettano a dire, e cercare di pianificare attività di prevenzione. E Covid19 non è un’influenza e men che meno un raffreddore. Chi lo afferma, purtroppo, non sa di che parla. E non sa leggere i numeri. Inoltre, è del tutto evidente che, con le politiche di testing, i numeri ufficiali possono non corrispondere affatto a quelli reali. E questo è ancora più preoccupante. C’è un rialzo anche delle ospedalizzazioni e dei decessi. Perché sottacerlo? Dobbiamo far in modo di contenere questa ondata per prepararci alla stagione autunno-invernale, quando avremo a che fare anche con altri virus respiratori. Inoltre, non è improbabile che anche i cambiamenti climatici possano giocare un ruolo sulla circolazione di molti patogeni, Sars-CoV-2 incluso».
Dobbiamo aspettarci il ripristino delle misure di contenimento?
«Intendiamoci, nessuno vuol riproporre misure di contenimento drastiche come nelle prime fasi della pandemia. È necessario continuare il monitoraggio con un rafforzamento della sorveglianza epidemiologica-molecolare. Poi alcune strategie di prevenzione vanno sicuramente messe in campo per evitare di trovarci in difficoltà. Anche perché su alcuni versanti, come garantire un purificazione dell’aria in ambienti indoor, non si è fatto proprio nulla. Pertanto, è necessario informare la popolazione su quanto sta accadendo. È importante che tutti i soggetti con sintomi tornino a fare test e in caso di positività, anche con sintomi non impegnativi, restare a casa per non contagiare o indossare mascherine ffp2 che, correttamente indossate e usate, evitano di immettere virus all’esterno, soprattutto in ambienti chiusi. Insomma, serve ancora un po’ di responsabilità verso gli altri ed in particolare verso i più fragili e vulnerabili. Persone che rischiano di sviluppare forme severe, altro che raffreddore. Quindi sì, le mascherine servono ancora, non potendo contare su adeguata ventilazione e purificazione dell’aria negli ambienti chiusi. Se serve usarle per proteggersi o non contagiare perché non farlo? È necessario che siano le autorità sanitarie ora a dare indicazioni precise e coerenti, senza tentennamenti».
Le scuole riaprono. Cosa dobbiamo aspettarci? E quanto è ancora necessario vaccinarsi?
«La riapertura delle scuole è sempre un momento critico. Non solo perché i ragazzi sono confinati in ambienti chiusi per ore, ma anche perché aumenta il rischio di contagio legato all’uso di mezzi pubblici sempre affollati o sovraffollati. Per quanto faticoso da far passare come messaggio, è importante ricordare che vaccinarsi e fare richiami è un altro pilastro della prevenzione. Sono in arrivo vaccini aggiornati con un ottimi profili di sicurezza. Fare ancora altre dosi? Questo si chiede la gente, un po’ perplessa. Sì certo. Questa è la risposta. Perché è l’unico modo per ridurre l’impatto delle ospedalizzazioni e dei decessi. Il virus muta e i vaccini vanno aggiornati. E i richiami vanno fatti. Così come accade per l’antinfluenzale. Chiariamo ancora meglio: i vaccini possono non evitare le infezioni ma certamente evitano forme gravi di malattia. È questo lo scopo. È frustrante non riuscire a far comprendere cosa ci si prefigge come obiettivo con la vaccinazione delle categorie a più alto rischio. E la vaccinazione è raccomandata anche per tutta la popolazione».