Si aprono interessanti spiragli medici per la cura dell’Alzheimer, grazie ai risultati di una ricerca coordinata dal professore Gaetano Serviddio, direttore del Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Foggia, pubblicata – con il titolo “Metabolic reprogramming in inflammatory microglia indicates a potential way of targeting inflammation in Alzheimer’s disease” – sulla rivista Redox Biology, organo di stampa ufficiale della Society for Free Radical Research International (Sfri).
La ricerca – che vede primo autore Moris Sangineto, ricercatore di medicina interna del Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche – ha permesso di individuare una possibile strategia per ridurre l’infiammazione cerebrale e prevenire l’insorgenza della malattia di Alzheimer. «Lo studio apre scenari significativi nella comprensione dei meccanismi di progressione dell’Alzheimer. Occorre continuare ad investire in tecnologia di ricerca e supportare l’arrivo di nuovi ricercatori di formazione internazionale. In tal senso il Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche ha avviato un programma di riorganizzazione per dar vita al Laboratorio Unico di Dipartimento che permetta ai ricercatori di competere e vincere progetti di ricerca europei», ha dichiarato Gaetano Serviddio, a commento della notizia e alla vigilia dell’assegnazione dei grant Simi – del valore di 50 mila euro – riservati a giovani ricercatori deliberato dal Comitato nazionale della società italiana di medicina interna, tra le più antiche e prestigiose Società scientifiche italiane, che sarà attribuito domani nel corso del congresso nazionale della società in corso a Rimini.
Lo studio ha dimostrato che le cellule di microglia nelle prime fasi dell’Alzheimer presentano una significativa riprogrammazione metabolica che guida la loro attività pro-infiammatoria. In particolare, in seguito all’esposizione al beta-amiloide e a prodotti batterici derivanti dall’intestino, le cellule di microglia cambiano il loro metabolismo energetico cellulare, aumentando il consumo di glucosio e l’attività mitocondriale con conseguente stress ossidativo. La buona notizia è che dallo studio risulterebbe possibile bloccare questa riprogrammazione metabolica riducendo quasi del tutto i livelli di infiammazione cerebrale. «Con questo lavoro diamo un contributo, ma la strada è ancora lunga», afferma Moris Sangineto.
La scoperta di meccanismi alternativi è dunque necessaria per supportare lo sviluppo di nuovi farmaci, e la Scuola di Geriatria di Foggia è oggi impegnata in questa battaglia.