MILANO (ITALPRESS) – “Non sono mai scontento quando arrivano finanziamenti alla sanità, però francamente questo settore ha bisogno di un contributo molto più robusto. Questo lo dico soprattutto facendo un confronto con la spesa in ricerca e sanità degli altri Paesi europei. L’Italia è sempre in fondo, siamo un pò lontani da quello che sarebbe necessario mettere sul piatto per avere un sistema sanitario forte”. Lo ha detto Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, intervistato dall’agenzia Italpress.
“Il problema è relativo al personale, che è stato lasciato erodere nel numero in questi anni. Non si è fatta una programmazione sulle risorse umane sufficientemente attenta. I risultati sono organici ridotti negli ospedali quasi ovunque, e poi c’è il problema dei medici di famiglia, che sono gravemente insufficienti rispetto al carico assistenziale. Per dare un buon servizio è necessario che ci sia un numero di medici più nutrito e adeguatamente remunerato per il loro servizio. E invece siamo in fondo a tutte le classifiche europee per la remunerazione dei medici e la situazione è insostenibile”, aggiunge Rossi.
Secondo il presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, sul territorio mancano almeno duemila medici, mentre negli ospedali vanno in pensione in media dieci colleghi e se ne assumono solo quattro, a discapito della qualità delle cure.
A proposito della riforma sanitaria da poco varata dalla Regione Lombardia, Roberto Carlo Rossi spiega: “Al di là dei tagli di nastri, quando si parla di case di comunità o di ospedali di comunità, mi sembra sempre di camminare in quelle città del vecchio west rifatte in studio, in cui ci sono questi edifici, ma sono solo una facciata di cartapesta e dietro c’è il deserto. Così è anche questa riforma, che tra l’altro non è solo lombarda, ma viene dall’Europa e dal Pnrr, che investe sulle mura, sulla cornice e non sul contenuto e sulle risorse umane e questo è un errore fatale. Questo non può non prescindere da un finanziamento maggiore al personale e alle risorse umane. Non credo che con l’assetto attuale le case di comunità possano andare avanti per molto tempo”.
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