La Regione Puglia innesta la retromarcia sul riordino della rete dei laboratori d’analisi attesa da ben cinque anni, ma che ora finirà nella ghiacciaia.
La clamorosa novità è emersa la scorsa settimana all’assessorato alla Salute al tavolo tecnico con i sindacati e i vertici della sanità pugliese (l’assessore e il capo dipartimento del settore). La riforma salterà, è stato spiegato ai presenti, e saranno accolte tutte le richieste e i desiderata delle associazioni di categoria che da tempo premevano per affossare la riorganizzazione.
L’operazione è passata attraverso l’attività diplomatica della sottocommissione tecnico politica bipartisan formata dai consiglieri regionali Marco Galante, Antonio Tutolo, Vito De Palma, Antonio Gabellone, Lucia Parchitelli, Giacomo Conserva, Francesco Lanotte e Mauro Vizzino. Un gruppo molto vivace che già la scorsa estate riuscì a spuntare una moratoria per l’approvazione del riordino rispetto alla scadenza prefissata del 31 luglio. L’altro giorno, invece, è arrivata la stroncatura finale. Addio, in pratica, alla riforma della rete dei laboratori imposta dal 2017 da Unione europea e Governo centrale con l’accorpamento dei laboratori più piccoli a quelli più grandi con una soglia minima di sopravvivenza fissata in 200mila prestazioni l’anno. L’obiettivo era garantire ai pazienti maggiore sicurezza e qualità a esami e referti radiologici contrastando le strutture private e gli operatori fuorilegge. Così facendo la Regione Puglia avrebbe riconosciuto l’accreditamento solo ai centri in regola confermando i rimborsi regionali che ammontano a circa 30 milioni di euro l’anno. Previsioni tutte superate dal triplo salto mortale carpiato della Regione Puglia evidenziato nel documento consegnato agli uffici. La riforma, si legge nel testo, è stata già programmata dall’1 gennaio 2019 e prevede che «tutte le strutture, individualmente o in forma aggregata, raggiungano la soglia minima di efficienza pari a 200.000 prestazioni (annue)», il cui requisito della soglia minima «costituisce condizione ineludibile per la sottoscrizione dell’accordo contrattuale».
In altri termini, tutto resta invariato e “tiriamo a campare” con la quasi certezza che la legge pugliese sarà osservata dal governo centrale aprendo un nuovo pericoloso fronte di scontro dopo quello già scoppiato sull’obbligo vaccinale anti-Covid per il personale in servizio negli ospedali.