Non bastava il Covid-19, tornano colera e sifilide: riecco malattie che sembravano debellate

Sembravano definitivamente relegate in un passato fatto di miseria, degrado e arretratezza. Eccole spuntare all’improvviso, invece, dall’album dei ricordi più brutti dell’Italia e, in particolare, del Mezzogiorno. Colera, scabbia e sifilide tornano a scatenare il panico tra la gente e ad allertare il sistema sanitario nazionale dopo i casi recentemente registrati tra Puglia e Basilicata.

Ore di apprensione a Lecce, dove un 61enne è stato ricoverato d’urgenza nell’ospedale “Vito Fazzi” dopo aver mangiato frutti di mare crudi e bevuto acqua presa da un pozzo e non dall’acquedotto. La cena è costata all’uomo l’immediato ricovero in Rianimazione, dove è giunto con una forte dissenteria che lo aveva scompensato. Poi la situazione è lentamente migliorata e, dopo alcuni giorni, il 61enne è stato trasferito nel reparto di Malattie infettive. Per fortuna non tutti i partecipanti alla cena hanno consumato frutti di mare crudi e acqua presa dal pozzo, tanto che i vertici del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl di Lecce hanno escluso una «forma di colera rilevante dal punto di vista tossicogeno», raccomandando comunque di non mangiare mitili crudi o semplicemente irrorati con succo di limone.

L’allarme, però, resta. Non solo perché il colera sembrava definitivamente debellato dopo l’epidemia di Napoli del 1973, ma anche perché un altro caso è stato recentemente registrato in Sardegna. Prima che il 61enne salentino fosse ricoverato al “Vito Fazzi”, infatti, un anziano di 70 anni era stato ricoverato prima nel Policlinico universitario di Monserrato e poi nel reparto di Infettivologia di Is Mirrionis col sospetto che avesse contratto il vibrione del colera. In realtà, successive verifiche avevano chiarito come l’anziano fosse stato ricoverato per diverse patologie, compresa una infezione cronica all’intestino. Dunque non si era trattato di un caso di colera legato al consumo di acqua e cibi contaminati.

Dal colera alla scabbia: poche settimane fa nove dipendenti dell’ospedale “San Carlo” sono stati contagiati da un paziente ricoverato nel reparto di Geriatria. Si è trattato di cinque infermieri e quattro operatori sanitari per i quali è scattata immediatamente la sorveglianza domiciliare. Il paziente positivo è stato isolato e trasferito a Malattie infettive, fortunatamente senza aver contagiato altri pazienti. I vertici dell’ospedale, per parte loro, hanno fatto in modo che l’attività nel reparto di Geriatria non subisse stravolgimenti: il personale in malattia è stato rimpiazzato nonostante le difficoltà legate alla strutturale carenza di medici e infermieri, come sempre acuita in estate dall’alto numero di dipendenti in ferie.

Non solo colera e scabbia: in Puglia come in molte altre località italiane si segnala un boom di casi di sifilide, la malattia infettiva a trasmissione sessuale conosciuta e diffusa in tutto il mondo fin dal Cinquecento, ma prepotentemente tornata di attualità. Già, perché, insieme con clamidia e gonorrea, i casi di sifilide tra i maschi sessualmente attiviti aumentano addirittura dell’88%, stando a quanto si legge in un report recentemente pubblicato dall’Istituto superiore di sanità (Iss). «Questi risultati – spiegano gli autori del rapporto – sottolineano la necessità di pianificare una strategia nazionale per il controllo delle infezioni sessualmente trasmissibili che favorisca la diagnosi e il trattamento precoce, nonché la promozione del test dell’Hiv a tutte le persone affette da quelle stesse infezioni e una collaborazione attiva tra strutture ospedaliere e territorio. Oltre che favorire l’assistenza attraverso un Percorso integrato di cura (Pic) della persona a rischio o affetta da infezione sessualmente trasmessa, è opportuno implementare informazione e prevenzione soprattutto tra giovani, donne e stranieri per educare alla salute sessuale».

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