Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, con una sentenza dello scorso febbraio divenuta definitiva pochi giorni fa, ha riconosciuto a Domenica Chisena, per tutti Nica, 39 anni, di Martina Franca, l’opportunità e il diritto di curarsi all’estero, in particolare in una clinica austriaca specializzata.
La donna è in coma dal 10 ottobre 2020 a causa di un aneurisma cerebrale e, per recuperare l’enorme deficit determinatosi, ha chiesto tramite il suo compagno, Danilo Zanni, nel frattempo diventato suo amministratore di sostegno, la possibilità di curarsi nel Centro ”O. Landeskrankenhaus Hochzirl-Natters” in Austria.
È avvenuto al termine di un iter legale tortuoso e faticoso per veder riconosciuto il costo economico delle cure.
Il Tar ha annullato il provvedimento dell’Asl di Taranto con cui il 30 aprile del 2021, dopo i “pellegrinaggi” di Nica nell’ospedale Santissima Annunziata del capoluogo jonico, nei centri di neuro riabilitazione di Crotone, Fontanellato e infine di Montecatone, aveva negato il rimborso di spese sanitarie per il ricovero della donna nel Centro austriaco dove comunque il compagno ha deciso di farla curare da circa sette mesi, con fondi propri e attivando un crowdfunding.
«Nica – si legge in una nota della famiglia – è riuscita in una impresa di dignità destinata a fare scuola e che da oggi costringe le autorità sanitarie locali, Asl di Taranto, a non trincerarsi più dietro reticenze e silenzi di fronte a casi come il suo. Una sentenza, frutto del lavoro di analisi del caso fatto dagli avvocati Massimino Crisci e Pietro D’Alfonso, che ha il suo nocciolo in due parole: “deficit motivazionale”».
Cioè, la Asl, «malgrado l’evidente miglioramento delle condizioni neuro-fisiche della paziente dopo il ricovero in Austria, malgrado i pareri italiani che invece di fatto “condannavano” Nica a percorsi neuro-riabilitativi standard e che non tenevano in considerazione la specificità del caso, malgrado documenti e relazioni mediche – continua la nota – decideva di non motivare adeguatamente il suo “No” e sceglieva di non assumersi la responsabilità di firmare la richiesta di rimborso per cure effettuate all’estero, rispedendo così al mittente ogni possibile interlocuzione, scegliendo un più generico e difensivo veto su strutture estere».
Giorni di silenzio e di “non decisioni”, mentre Nica arrivava lo stesso in Austria e in sette mesi di cure, sostenuti dal crowdfunding di parenti, amici e di quanti si sono appassionati alla sua storia, escludeva la necessità di un’altra possibile operazione rischiosa e normalizzava il ritmo sonno-veglia grazie alla regolazione di una valvola che le consente tuttora di drenare il liquor in eccesso.
«È una sentenza che va oltre il semplice diritto al rimborso – commenta Danilo Zanni – perché dice che quando un malato chiede aiuto, chiede risorse economiche per curarsi dove pensa di avere qualche opportunità in più, la sanità pubblica deve rispondere e deve farlo nel momento esatto in cui si ha bisogno, assumendosi la responsabilità e non facendo decidere ad un giudice».