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Milioni in auto e lavapadelle: ecco le spese folli delle Asl pugliesi. Parte la caccia ai responsabili del “buco”

La Regione Puglia coprirà in proprio, recuperando dal bilancio autonomo, il buco della sanità pugliese da 450 milioni di euro, dei quali 200 scoperti ma poi trovati come annunciato pochi giorni fa. «Siamo stati bravissimi, abbiamo trovato le risorse per le spese sanitarie extra senza l’aiuto del governo centrale», ha dichiarato infatti il governatore Michele…

La Regione Puglia coprirà in proprio, recuperando dal bilancio autonomo, il buco della sanità pugliese da 450 milioni di euro, dei quali 200 scoperti ma poi trovati come annunciato pochi giorni fa. «Siamo stati bravissimi, abbiamo trovato le risorse per le spese sanitarie extra senza l’aiuto del governo centrale», ha dichiarato infatti il governatore Michele Emiliano. Ma dopo le sue parole all’assessorato alla Salute s’è aperta la caccia ai responsabili del disavanzo. Spese inappropriate che vedono sulla graticola i direttori generali delle dieci aziende sanitarie.

«Nel 2022 – si lascia sfuggire un addetto regionale ai controlli – Asl e ospedali hanno effettuato spese folli, i bilanci si sono trasformati in slot-machine impazzite». Magagne scoperte con ritardo dalla Regione Puglia visto che, per aggirare i controlli, impegni e pagamenti sono partiti nei primi trimestri del 2022, ma le delibere effettive degli impegni di spesa a posteriori, sul finire di dicembre. Un quadro talmente grave che, durante il vertice tenuto il 12 aprile nella sede della presidenza regionale, qualcuno ha avanzato il commissariamento in blocco dei manager in carica.

Entrando nel dettaglio, le dieci aziende sanitarie hanno bruciato circa 76,3 milioni di euro, quasi il 40% del buco da 200 milioni, per effettuare lavori, acquisti di macchinari, auto e beni e servizi non sanitari attingendo dai fondi vincolati dei Lea, quelli per l’assistenza ai malati, per loro natura intoccabili. In pratica costi impropri che hanno finito per assottigliare la dotazione del fondo sanitario nazionale. Le stesse spese, in buona sostanza, si sarebbero potuto effettuare attingendo da altri canali di finanziamento, in primis il salvadanaio europeo. Di qui il malcontento della politica che, addebitando ai direttori generali la responsabilità di aver fatto di testa loro, senza avvisare chi di dovere prima di firmare gli “assegni in bianco”.

E così pian piano stanno spuntando “gli scheletri dall’armadio”. Negli uffici della sanità è spuntato un elenco di oltre 300 voci capestro relative a migliaia di fatture relative al 2022 in cui emerge di tutto e di più. Per esempio l’acquisto di lavapadelle, tablet, centrifughe, pc, armadi a vetrina, scrivanie e poltrone di tutte le specie e di tutte le misure. In generale, dei 76,3 milioni ben 41,8 sono finiti in lavori di ristrutturazione, opere murarie e impianti; 27 per acquistare attrezzature sanitarie con affidamenti diretti, senza gara, per 7,5 milioni. Somme, queste ultime, che si sarebbero potute risparmiare attingendo dai fondi europei con un apposito bando pubblico, anche attraverso la centrale unica di acquisto. Completano il quadro 300mila euro per automobili e noleggi.

L’Asl di Bari ha speso più di tutte, quasi 30 milioni di cui 18 per le riserve del nuovo ospedale Monopoli-Fasano, 8 in opere edilizie, 780mila euro per arredi e beni non sanitari. A seguire l’Asl Brindisi con 14 milioni di fondi Lea usati impropriamente, 5 dei quali per interventi edilizi, 7 per macchinari nuovi, 200mila euro per il noleggio di auto di servizio e ambulanze. Le altre sei aziende, fra Asl e grandi ospedali come il Policlinico, hanno registrato costi impropri dai 3 ai 7 milioni di euro. Si salvano solo l’Oncologico di Bari e il “De Bellis” di Castellana Grotte che sono riusciti nella non facile impresa di contenere i prelievi a circa 400mila euro a testa.

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