Medici di base introvabili, Comuni senza assistenza. Parla Abbaticchio: «Restare in servizio? Serve programmazione»

«La proroga al pensionamento è sì una soluzione, ma continua a mancare la programmazione». Il presidente nazionale del Sindacato medici italiani, il barese Ludovico Abbaticchio, è preoccupato.

Che sta succedendo?

«La possibilità di pensionamento a 72 ani per i medici di medicina generale e per i pediatri di libera scelta, seppure in forma volontaria, confermata nel “milleproroghe” è l’ennesima scelta “sbagliata” della politica, che in questo Ventennio i governi che si sono susseguiti hanno fatto».

Perché dice questo?

«Ritengo non abbiano saputo ragionare negli interessi della collettività su un nuovo processo di programmazione dell’assistenza sanitaria territoriale».

Ma l’idea la convince?

«Pur rimanendo questa proposta una soluzione transitoria, per un tema così difficile e delicato come la tutela della salute, soprattutto per le persone fragili, dobbiamo anche considerare che la metà dei medici che vano in pensione sono anche donne».

E quindi?

«Su di loro è già ricaduto per anni anche un sistema di assenza di tutela dei diritti, parlando di medicina convenzionata, che ha visto esposte le colleghe impegnate anche ad assistere figlie e genitori anziani. Per cui la richiesta di un prosieguo a 72 anni per le donne medico potrebbe diventare anche un problema di ulteriore impegno».

C’è altro?

«Certo, a questo aggiungiamo che il Mezzogiorno, e in particolare la Puglia, pagano lo scotto di un’assenza della funzione amministrativa, priva degli stimoli politici».

Torniamo alla proposta.

«Per quanto riguarda la proposta di prosecuzione per altri due anni del medico pensionato, proprio il sottoscritto assieme ad altri colleghi di alcune Asl della regione Puglia, ha presentato volontariamente richiesta di rimanere in servizio altri due anni».

Come mai?

«Perché ho tenuto ben presente anche la necessità riveniente da una riduzione sempre più alta della presenza dei medici, non solo in Italia perché molti emigrano, ma anche del fatto che essendo la medicina generale in Italia non ancora ritenuta una specializzazione, come le altre categorie universitarie, spesso il giovane collega abbandona la formazione nella medicina di famiglia e accetta un percorso di specializzazione universitario che sarà anche meglio retribuito».

Che fare allora?

«Chiedere una programmazione seria ed esaustiva da subito, come ho fatto anche io nei confronti della mia Asl di riferimento, la Asl Bari».

Cosa le è stato risposto?

«La mia richiesta ha portato solo ad una risposta di non accettazione della prosecuzione in servizio, perché in realtà la stessa azienda sanitaria, la stessa regione Puglia, non hanno ancora programmato la reale presenza di zone carenti sull’intero territorio».

Cioè?

«Non hanno quantificato il numero di medici che possono afferire in queste aree ritenute carenti, cosa che garantirebbe ai giovani colleghi il diritto a poter occupare il posto di chi va in pensione».

Come mai?

«Hanno addotto ritardi di conoscenza amministrativo-territoriale. Il che significa che se va bene, nel frattempo che molti medici vanno in pensione, forse a fine anno qualcun altro può usufruire di questa opportunità, qualora si liberino posti che non sono stati occupati legittimamente da giovani medici che possono afferire a questo servizio».

Tutto ancora sul tavolo allora?

«Temo di sì. Ma soprattutto resta la preoccupazione, da medico responsabile anche di un sindacato nazionale, che molti cittadini anche in Puglia e a Bari, non potranno godere del rapporto sano medico-paziente, perché il grande rischio sarà che non ci saranno medici sufficienti, così come si evince da quanto dichiarato in precedenza».

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