«Vogliamo che i piccoli che soffrono siano curati». Il grido d’aiuto è dell’associazione “Cuore e mani aperte Odv” di Lecce, da sempre in prima linea per il bene dei pazienti pediatrici.
Mancano medici nel reparto di Chirurgia pediatrica dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce e i volontari chiedono, in tempi strettissimi, la nomina di un nuovo primario per rilanciare un reparto che deve attrarre giovani professionisti e dirigenti medici per mantenere l’attuale standard chirurgico, prima che collassi completamente.
Nel 2018, l’unità operativa di Chirurgia pediatrica, unica in tutto il Salento, venne trasferita dal presidio ospedaliero Francesco Ferrari di Casarano al “Vito Fazzi” di Lecce. «Ciò avvenne con grandi proclami, promesse e la presenza del governatore Michele Emiliano. Questo passaggio costituiva una pietra miliare verso la costituzione del tanto agognato Polo Pediatrico salentino che, a tuttora, non si è ancora realizzato», sottolinea l’associazione.
«Sono passati cinque anni da quel giorno. Eravamo felici di poter far parte di quel cambiamento. E invece cosa è successo? Che la bellissima carrozza si è tramutata in una zucca. Ciononostante l’équipe medica del reparto ha trattato tutte le patologie», affermano i volontari sempre più preoccupati perché, nel febbraio 2024, ci sarà il pensionamento di altri due dirigenti medici.
Quindi, l’organico medio di otto unità (+1), configurato nel 2018 al momento del trasferimento a Lecce, sarà dimezzato con la conseguenza che le quattro unità restanti non saranno nelle condizioni di garantire turni da 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.
Tutto questo non solo per l’insostenibilità psico-fisica dei sanitari ma, ancor di più, per l’incompatibilità con le normative europee in materia di riposi e recupero, avallate dal contratto collettivo nazionale. Ciò significa che, in caso di contenzioso medico-legale, le compagnie assicurative, nell’eventualità della inosservanza di tali normative, non copriranno il sinistro.
Questo, ovviamente, si rifletterà sulle reali possibilità di prendersi cura dei bambini che, senza cure, «si ritroveranno ancor più preda della disperazione e privati del domani, della possibilità di una cura e, alle volte, di dare un nome a quel male, a meno che non si rivolgano ad altre zone d’Italia», spiegano i volontari che concludono: «Non vogliamo che le promesse di 5 anni fa restino vane e che passi il messaggio che, al di fuori delle campagne elettorali, la compassione per l’altro e il desiderio di poter fare la differenza siano un bene di lusso non necessario».