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Impenna la spesa della sanità privata: il 7,5% delle famiglie pugliesi e lucane non può curarsi

In Puglia e in Basilicata sempre più persone, potendoselo permettere, si rivolgono alla sanità privata per visite, esami diagnostici e terapie. Nello stesso tempo, nel 7,5% dei casi, chi non può permettersi di ricorrere a strutture private non si rivolge alla sanità pubblica, ma preferisce rinunciare all’assistenza. È un quadro preoccupante, quello che la fondazione…

In Puglia e in Basilicata sempre più persone, potendoselo permettere, si rivolgono alla sanità privata per visite, esami diagnostici e terapie. Nello stesso tempo, nel 7,5% dei casi, chi non può permettersi di ricorrere a strutture private non si rivolge alla sanità pubblica, ma preferisce rinunciare all’assistenza. È un quadro preoccupante, quello che la fondazione Gimbe delinea in un’indagine sull’impatto della spesa sanitaria out-of-pocket, cioè quella sostenuta direttamente dalle famiglie.

Nel dettaglio, il dossier si concentra non solo sulla spesa per la salute sostenuta dalla famiglia, ma anche su limitazione delle spese per l’assistenza, indisponibilità economiche temporanee, rinunce a prestazioni sanitarie e povertà assoluta. E così emerge che in Puglia, nel 2022, la spesa annuale delle famiglie per la salute è stata pari a 1.147,80 euro, facendo segnare un aumento del 26,1% rispetto al 2021 quando era pari a 910,2 euro. «Si tratta della variazione percentuale più alta tra le Regioni e province autonome italiane – sottolineano dalla fondazione Gimbe – Significa che sempre più pugliesi si rivolgono ai privati per effettuare una visita o un esame specialistico». Sopra la media nazionale anche il dato relativo alle famiglie che rinunciano alle prestazioni sanitarie: nel 2022 questa quota è stata pari al 7,5% a fronte di una media nazionale del 7.

Situazione sostanzialmente uguale in Basilicata, dove la spesa annuale delle famiglie per l’assistenza sanitaria è cresciuto del 6,9% rispetto al 2021, passando da 1.202,4 a 1.124,88 euro l’anno. Anche a Potenza, Matera e dintorni, inoltre, il 7,5% delle famiglie si è visto costretto a rinunciare a visite, esami diagnostici e terapie soprattutto a causa dell’indisponibilità di risorse economiche sufficienti.

Ma come va nel resto del Paese? L’indagine di Gimbe ha stabilito che, nel 2022, il 16,7% delle famiglie italiane ha dichiarato di aver limitato la spesa per visite mediche e accertamenti periodici preventivi in quantità e qualità. Se il Nord-Est (10,6%), il Nord-Ovest (12,8%) e il Centro (14,6%) si trovano al di sotto della media nazionale, tutto il Mezzogiorno si colloca al di sopra: di poco le isole (18,5%), di oltre dieci punti percentuali il Sud (28,7%). E il 4,2% delle famiglie italiane dichiara di non disporre di soldi, in alcuni periodi dell’anno, per far fronte a spese relative alle malattie. Sono al di sotto della media nazionale il Nord-Est (2%), il Centro (3,1%) e il Nord-Ovest (3,2%), mentre il Mezzogiorno si colloca al di sopra della media italiana: nelle isole succede al 5,3% delle famiglie, nel Sud continentale all’8, un dato quasi doppio rispetto alla media nazionale.

«Dalle nostre analisi emergono tre considerazioni – commenta Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe – innanzitutto l’entità della spesa out-of-pocket sottostima le mancate tutele pubbliche perché viene arginata da fenomeni conseguenti alle difficoltà economiche delle famiglie: la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e la rinuncia alle cure. In secondo luogo, questi fenomeni sono molto più frequenti nelle Regioni del Mezzogiorno, proprio quelle dove l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza è inadeguata». Di qui la necessità di «urgenti politiche di contrasto alla povertà, non solo per garantire un tenore di vita dignitoso a tutte le persone, ma anche perché le diseguaglianze sociali nell’accesso alle cure e l’impossibilità di far fronte ai bisogni di salute con risorse proprie rischiano di compromettere la salute e la vita dei più poveri, in particolare nel Mezzogiorno».

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