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Foggia, la bolgia del Pronto soccorso: mezza giornata di attesa e sanitari senza mascherina

Quasi mezza giornata trascorsa al pronto soccorso del Policlinico di Foggia, per documentare quel che succede. La nostra incursione in nel “girone dantesco” comincia intorno alle 14 di un giorno qualunque, fingendoci accompagnatori di un paziente, in attesa di essere sottoposto a un controllo medico. L’uomo prima di accedere all’interno dei locali della struttura ospedaliera,…

Quasi mezza giornata trascorsa al pronto soccorso del Policlinico di Foggia, per documentare quel che succede. La nostra incursione in nel “girone dantesco” comincia intorno alle 14 di un giorno qualunque, fingendoci accompagnatori di un paziente, in attesa di essere sottoposto a un controllo medico. L’uomo prima di accedere all’interno dei locali della struttura ospedaliera, deve sottoporsi a una valutazione sommaria delle sue condizioni di salute e al tampone per il Covid-19. Aspettiamo fiduciosi fino al suo turno, che arriva quasi due ore dopo. Ora, al nostro paziente non resta che attendere l’esito del tampone appena effettuato.

Finalmente arriva l’ok del test antigenico e il paziente, può accedere ai locali del pronto soccorso. E qui, segnaliamo la prima lampante incongruenza: siamo autorizzati ad accompagnarlo (in tre, quattro o anche più persone), pur non essendoci sottoposti a nessun tampone e non avendo esibito alcuna certificazione. In pratica, non esiste nessun controllo per chi entra all’interno della struttura come accompagnatore. Entrambi, comunque, indossiamo la mascherina, ed entriamo in un minuscolo locale che funge da anticamera di accesso al pronto soccorso vero e proprio. Qui con grande sorpresa, notiamo subito che quasi nessuno tra i pazienti appena sottoposti a tampone e i numerosi accompagnatori al seguito, indossa la mascherina, che viene “dimenticata” anche dai vigilanti che, a intermittenza, fanno capolino nella stanza di attesa. anche molti del personale sanitario che attraversa i locali è senza mascherina. a questo si aggiunge la farsa tutta italiana: i vigilanti, senza mascherina, proibiscono che si apra la porta di quell’angusta stanzetta resti chiusa, per evitare di “essere eventualmente contagiati”.

Trascorrono così altre lunghe ore di snervante attesa, finché il nostro paziente non riceve un foglio, che finalmente riporta il colore connesso, alla gravità della patologia supposta. Intanto, arrivano numerosi bambini con genitori al seguito, che sostano nei corridoi del pronto soccorso, senza alcuna protezione o particolare cautela per la loro presenza. Ci sono anche pazienti seduti o, addirittura, sdraiati per terra, stanchi della lunga attesa, e per la mancanza di posti a sedere. Altri risolvono il problema attrezzando improvvisate sedute sulle valigie che hanno per un eventuale ricovero. che occupano improvvisate sedute come una valigia, altri ancora che nei casi più gravi sono addirittura parcheggiati in lettini, addossati alle pareti dei corridoi.

È quasi mezzanotte quando arriva il nostro turno. Un medico visita il paziente che accompagniamo e lo invita a effettuare ulteriori esami l’indomani mattina alle 7.

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