Sono 19 gli interventi di riduzione di lussazione congenita dell’anca eseguiti nel 2022 dall’equipe diretta dalla dottoressa Daniela Dibello, responsabile dell’unità operativa di Ortopedia e Traumatologia pediatrica dell’ospedale Giovanni XXIII di Bari, centro di riferimento regionale per lo screening ecografico di secondo livello e unico centro dove viene effettuato il trattamento della patologia a 360°.
In Puglia 3 bambini su 1000 nascono con la displasia congenita dell’anca che fa registrare, nella regione, un’incidenza più elevata che nel resto d’Italia che segna 1% dei casi diagnosticati alla nascita. Si tratta di uno sviluppo anomalo dell’articolazione dell’anca che porta gradualmente la testa del femore a “slittare” sull’anca con conseguenze che, se non vengono corrette subito dopo la nascita, portano alla disabilità.
Sottoporre i neonati a un’ecografia può evitare la zoppia e l’artrosi in età adulta, spiega la dottoressa Dibello: «La sola visita con la manovra di Ortolani o Barlow – aggiunge – non è sufficiente per escludere tale problema nelle fasi iniziali di vita. Le conseguenze di un errore sono gravissime: una displasia non curata può portare ad avere un arto più corto dell’arto, una zoppia o un artrosi molto dolorosa da adulti fino alla necessità di sostituire la parte malata con una protesi».
Nei casi più lievi la cura non è complicata e dà ottimi risultati. Per correggere la displasia dell’anca si impiega un divaricatore che è una sorta di imbragatura, simile a quella per andare in montagna, con due supporti per le cosce che tengono le gambe del bimbo leggermente distanziate e flesse. Questo strumento serve per ripristinare la giusta posizione della testa del femore nell’acetabolo e garantire lo sviluppo corretto dell’articolazione.
Nei casi più gravi c’è la necessità di confezionare un apparecchio gessato preceduto a volte da alcuni giorni di trazione degli arti a letto. Il controllo del corretto posizionamento della testa del femore viene effettuato con la risonanza magnetica. Qualora gli interventi incruenti non fossero sufficienti il piccolo deve essere sottoposto ad interventi chirurgici fino all’osteotomia di femore o di bacino. Un percorso non facile da affrontare per gli stessi genitori, come testimonia la mamma di Laura che ha colorato di verde il gesso della sua piccola, richiamando una simpatica ranocchia e raccontando per il concorso “Calma e Gesso”, promosso dalla stessa ortopedia pediatrica del Giovanni XXIII, il percorso che ha affronto subito dopo la diagnosi della patologia che non deve essere «vissuta come fosse un tabù o una vergogna da nascondere».