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Comunità terapeutiche per dipendenze patologiche: «Servizi a rischio. In Puglia è allarme rosso»

Risorse "drammaticamente" insufficienti, una "scarsissima considerazione" per le necessità dell'utenza, una normativa regionale "caotica e inutilmente gravosa" e una circolare sui responsabili sanitari di struttura "pressoché inattuabile e senza eguali nelle altre regioni italiane". I responsabili di Comunità terapeutiche e servizi di prossimità per le dipendenze patologiche pugliesi descrivono così la situazione a seguito di…

Risorse “drammaticamente” insufficienti, una “scarsissima considerazione” per le necessità dell’utenza, una normativa regionale “caotica e inutilmente gravosa” e una circolare sui responsabili sanitari di struttura “pressoché inattuabile e senza eguali nelle altre regioni italiane”. I responsabili di Comunità terapeutiche e servizi di prossimità per le dipendenze patologiche pugliesi descrivono così la situazione a seguito di due delibere della Giunta regionale sui tetti di spesa e della circolare sul responsabile sanitario.

In una nota i responsabili delle strutture definiscono quanto sta accadendo “una vera e propria emergenza che rischia di compromettere finanche l’erogazione dei servizi essenziali per un’utenza particolarmente fragile, problematica e tutt’altro che esigua”.

In Puglia sono circa 5mila i pazienti seguiti dalle quasi 40 comunità attive sul territorio che, si legge nella nota, “vedono oggi fortemente a rischio il loro diritto a prestazioni sanitarie rientranti nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), con ricadute facilmente immaginabili sulla vita delle famiglie, ma anche sui costi di un Sistema sanitario chiamato a farsi carico dell’aggravarsi di situazioni non più gestite e sulla serenità delle città, con un prevedibile aumento del disagio sociale e seri problemi di ordine pubblico”.

La scarsità delle risorse, inoltre, rischia di avere conseguenze anche sul fronte occupazionale, con 400 operatori che rischiano il posto di lavoro.

Le comunità del territorio hanno fatto ricorso al Tar per contestare le delibere di Giunta regionale 809 e 1982 che riguardano i tetti di spesa, anche per segnalare le situazioni di grande disagio che si ripercuotono sui dipartimenti per le Dipendenze patologiche delle Asl pugliesi.

«La Regione Puglia ha definito i tetti di spesa per l’anno in corso sulla base di criteri che consideriamo del tutto incongrui e che contestiamo in modo netto», afferma il coordinatore della Consulta dipendenze patologiche del Forum del Terzo settore della Puglia, Daniele Ferrocino. «Si tratta di un budget del tutto insufficiente ad affrontare la situazione attuale», aggiunge.

Gaetano Somma, presidente del Crea Puglia (Coordinamento regionale degli Enti ausiliari per le dipendenze) aggiunge che «sono ormai mesi che si chiede la convocazione di un tavolo tecnico previsto dalla legge senza risposta alcuna, proliferano invece provvedimenti che dimostrano una scarsa conoscenza sia tecnica che clinica delle problematiche legate al fenomeno».

I trattamenti per le dipendenze, ricordano ancora i responsabili delle strutture, hanno una durata che si articola a volte anche su più annualità, richiedano approcci differenziati e relazioni terapeutiche personalizzate. La determinazione dei tetti di spesa “senza alcuna considerazione dei fabbisogni reali di assistenza da parte dell’utenza comporta una significativa riduzione nell’erogazione di prestazioni. Un welfare per pochi dunque con una evidente riduzione di un diritto garantito”, si legge nella nota.

Altra questione è quella relativa al responsabile sanitario. Una circolare del Dipartimento di promozione della salute del 22 febbraio scorso, spiega Filippo De Bellis – presidente dell’Apis (l’Agenzia pugliese di intervento e studio sulle dipendenze patologiche) -, «prevede che debba essere necessariamente un medico escludendo da questo incarico, ad esempio, gli psicologi, a cui quasi sempre sono affidati struttura e programmi terapeutici» proprio perché «le nostre strutture adottano prevalente metodologie non di tipo medico, ma di tipo psicologico ed educativo». Senza considerare, poi, «la conclamata difficoltà a reperire medici disponibili (una difficoltà che sta già mettendo in crisi la sanità pubblica)» e l’«aumento dei costi di gestione che non trova poi rispondenza a fronte di tariffe non congrue e budget limitati».

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