«L’autonomia differenziata porterà soltanto confusione e frammentazione, creando Regioni e cittadini di serie A e di serie B»: ne è convinto Ludovico Abbaticchio, presidente nazionale del Sindacato dei medici italiani (Smi) che domani alle 17 parteciperà alla manifestazione organizzata dalla Cgil in via Sparano, a Bari, contro il ddl Calderoli.
Dottore, perché il suo sindacato ha deciso di manifestare contro la l’autonomia differenziata insieme con Cgil e Uil?
«Lo Smi ha sempre detto no all’autonomia differenziata, ritenendola sostanzialmente fuori tempo per due motivi. In primo luogo, la riforma si inserirebbe in un contesto in cui il livello di povertà in tutto il Paese, in particolare al Sud, è già alto e il ceto medio, cioè la fascia benestante della popolazione, ha maggiori possibilità di ricorrere a case di cura e assicurazioni private. Così si finisce per depotenziare il sistema sanitario pubblico».
E la seconda motivazione?
«Nell’ambito del Pnrr sono previsti progetti di edilizia sanitaria che consistono nella costruzione o nel restyling di strutture sanitarie o socio-sanitarie da mettere a disposizione della collettività attraverso i nuovi contratti della medicina generale e territoriale. Il Pnrr prevede accordi tra enti locali, ambiti territoriali e aziende sanitarie per realizzare queste opere destinate all’assistenza pubblica. Con la carenza di personale e la mancanza di progettazione integrata tra enti locali e aziende sanitarie, soprattutto per i pazienti più fragili, l’autonomia rischia di rivelarsi un boomerang per quegli stessi enti locali e per quelle stesse aziende sanitarie che attualmente non sono in grado di sviluppare progetti innovativi di assistenza».
Porterete in piazza queste motivazioni?
«Certo. In un contesto come il nostro, l’autonomia differenziata nasce vecchia e si rivela inutile. O, meglio, utile soltanto a discriminare tra Regioni di serie A e di serie B e tra cittadini di serie A e di serie B. Tutto ciò merita una riflessione così come la gente comune merita di essere informata delle conseguenza della possibile approvazione del ddl Calderoli».
Se l’autonomia è inutile, che cosa sarebbe utile per la sanità nazionale?
«Investimenti seri sulle politiche di prevenzione, a cominciare dal mondo della scuola, e sull’assistenza domiciliare ai malati cronici, in maniera tale da ridurre gli accessi in ospedale. E poi va abolito il numero chiuso nell’accesso alle facoltà di Medicina e bisogna farlo presto, visto che, prima che se ne percepiscano i risultati, devono trascorrere almeno sei anni. E c’è ancora un altro nodo da sciogliere».
Quale?
«Quello dei 10mila medici che ogni anno emigrano verso Paesi in cui la formazione professionale successiva alla laurea è migliore e gli stipendi sono più alti. Bisogna ridefinire i meccanismi di accesso alle facoltà di Medicina, oltre che la formazione universitaria e post universitaria, senza dimenticare la necessità valorizzare la professionalità del personale medico».
Nel frattempo, il governo Meloni ha incrementato il Fondo sanitario nazionale destinando tre miliardi di euro in più per il 2024: basteranno?
«Ogni incremento è utile, ma si rivela insufficiente se manca l’architettura finanziaria adeguata ad affrontare le esigenze dei pazienti sull’intero territorio nazionale».