Una su otto è donna. Dove? In Puglia, che su otto fra aziende ospedaliere e Asl, annovera un direttore generale di sesso femminile solo nella Bat (nomina recentissima). Per trovare rapporti invertiti occorre andare nelle Marche, la regione italiana con la quota maggiore di direttrici generali (66,67%). Al secondo posto il Lazio, unica altra regione in cui questa quota supera la metà (53,85%). Lo mette nero su bianco Openpolis con un’analisi su “La disparità di genere nei vertici delle aziende sanitarie locali”.
«Nonostante nella sanità le donne siano da alcuni anni più degli uomini, le posizioni di vertice delle aziende sanitarie e ospedaliere sono ancora in gran parte occupate da uomini. Si tratta dunque di un altro settore in cui la disparità di genere si manifesta in modo molto evidente». Ipse dixit da Openpolis.
E i numeri parlano chiaro. L’Ordine dei medici è in rosa. Infatti il 54 per cento degli iscritti è di sesso femminile eppure gli incarichi dirigenziali continuano a essere appannaggio degli uomini. E non si tratta di “pretendere” un posto al sole a tutti i costi, ma certamente di avere par opportunità.
Per stare sul tema, basta riflettere sugli elenchi nazionali degli idonei alla carica di direttore generale, sanitario e amministrativo: per trovare le donne non basta neppure il lanternino tanto è esigua la loro presenza. Il motivo è semplice, per entrare nella lista occorre avere come prerequisito un certo numero di anni in posizioni apicali e le donne, va da sé, ce la fanno a fatica e raramente. Quindi? È il classico gatto che si morde la coda: per entrare nell’elenco bisogna avere l’esperienza maturata nel ruolo dirigenziale, ma quella stessa esperienza è negata alle donne.
Non è questione di lana caprina perché penalizzare una componente importante della popolazione, ossia le donne, vuol dire privare la collettività di talenti e competenze dopo che lo Stato ha investito per la loro istruzione e formazione.
Al vertice delle Asl e delle Aziende ospedaliere c’è la cosiddetta direzione strategica composta da un direttore generale, da un direttore sanitario e da un direttore amministrativo. E Openpolis implacabile: «Considerate complessivamente le donne che ricoprono questo tipo di ruolo sono poco meno di 1/3 (30,66%). Questo dato tuttavia si riduce se si considerano i ruoli in assoluto più importanti. Infatti, se per gli incarichi di direttore amministrativo si arriva al 37,5% e per quelli di direttore sanitario al 34,7%, solo il 20,3% dei ruoli da direttore generale è ricoperto da una donna». In pratica in una su cinque poltrone siede una donna.
Ancora più risicata la percentuale (18,8%) se si considera la carica di commissari straordinari (ad esclusione dei commissari prefettizi).
Nonostante il quadro giuridico sia comune, le aziende sanitarie e ospedaliere mostrano differenze che possono essere significative fra le diverse regioni italiane. Nel 1992, infatti, alle regioni è stato attribuito un ruolo importante per la gestione della sanità. Le differenze le rileva, ancora una volta, Openpolis: «Analizzando nell’insieme i vertici aziendali (direttori generali o commissari, direttori sanitari e direttori amministrativi) il Lazio è l’unica regione in cui si registra una maggioranza di donne in posizione di vertice (57,14%)».
In Puglia, le donne occupano solo 4 delle 22 posizioni di comando disponibili in ambito sanitario. Nel Lazio 24 su 42; in Emilia Romagna 13 su 32; in Piemonte 21 su 54; in Toscana 8 su 21; in Basilicata 3 su 5; in Umbria 4 su 11; in Campania 17 su 48; in Liguria 5 su 15; in Molise 1 su 3; Veneto 10 su 33; in Lombardia 31 su 105; nelle Marche 2 su 9; in Calabria 4 su 23; in Sicilia 8 su 49; in Friuli Venezia Giulia 1 su 9; idem Sardegna; tutti uomini in : Abruzzo (3), Trentino Alto Adige (4), Valle d’Aosta (3).
Va sottolineato che i famosi divari Nord-Sud, in questa materia si annullano perché dalle Alpi al Tacco impera una logica al maschile. «Particolare poi è il caso della Calabria dove ancora oggi tutte le Asl risultano commissariate, – fa notare Openpolis – e non sono quindi in carica direttori generali, che siano questi uomini o donne. In altre regioni, in cui pure sono in carica alcune direttrici generali, il dato appare comunque particolarmente basso in considerazione dell’alto numero di aziende sanitarie presenti sul loro territorio. Si tratta in particolare della Sicilia, con una sola direttrice generale su 13 (altre 4 Asl sono commissariate), della Campania, 2 su 16, e della Lombardia in cui sono solo 6 su 35».










