Tu non puoi capire – Trad Wife vs Decentering Men

Mentre alcune donne – e non solo – celebrano il ritorno al focolare domestico come il non plus ultra della realizzazione femminile (vedasi Trad Wife), un altro movimento sta prendendo piede, meno appariscente ma altrettanto rivoluzionario: il “decentering men”. Che si traduce, per chi non lo sapesse, in un elegante «Grazie, ma decido io», indirizzato a quella parte della società ancora convinta che il valore di una donna si misuri attraverso gli occhi di un uomo.

Come molte persone ormai sapranno, per anni le aspettative e gli standard sociali imposti dal patriarcato hanno spinto le donne a scegliere abiti, trucchi e acconciature nell’ottica primariamente di compiacere il gusto maschile. Molte anche praticavano hobby o avevano interessi culturali solo per poter conversare brillantemente con i potenziali partner (quando vediamo Bridgerton ricordiamoci sempre che è animata nella fine del 1700, altri tempi che a volte sembrano attuali). Insomma, spesso veniva data per scontata l’idea che per una donna fosse naturale fare qualsiasi cosa pur di attirare l’attenzione degli uomini.

Quindi le trad wife ci raccontano una storia affascinante: quella di un universo in cui la donna, con una mano che mescola la cioccolata per la torta e l’altra che sistema un fiocco nei capelli della figlia, trova la sua serenità. E chi potrebbe biasimarle? C’è un certo comfort nel sapere esattamente cosa ti aspetta, specialmente se questo include l’amore incondizionato di marito e figli (e magari un like su Instagram).

Eppure, nonostante pletore di donne di ogni età che condividono questo modo di vivere (se è una scelta consapevole, voluta e decisa sono concorde anch’io) come se il ritorno alla definizione di donna dipendente sia il contributo all’emancipazione, dall’altra parte il movimento “decentering men” se la ride. Non perché la vita familiare sia priva di valore, ma perché impone una domanda critica: perché la realizzazione personale dovrebbe essere intrinsecamente legata a un modello così ristretto e, francamente, un po’ datato?

Le ragazze e le donne che aderiscono a questa filosofia affermano di voler mettere se stesse al primo posto, vestendosi, truccandosi e dedicandosi ad attività solo per il proprio piacere personale. Il “decentering men” non è solo la scelta di indossare quello che ti piace senza chiedersi se è abbastanza attraente, è un ribaltamento completo della prospettiva. È la ricerca di un lavoro gratificante, l’impegno in hobby che non sono necessariamente “femminili”, la partecipazione attiva in politica, la discussione aperta su temi come la parità di retribuzione e i diritti riproduttivi. È, in sostanza, la richiesta di una società dove le donne sono valutate per le loro capacità, non per la loro capacità di adattarsi a un ideale.

Non si tratta solo di rifiutare un invito a cena per poter leggere un libro in solitudine, ma di riscrivere le regole del gioco in termini di equità e rappresentazione, un modo per dire: «Guardateci bene. Non siamo solo quello che pensate». Come sarebbe il mondo se le donne fossero libere di scegliere, veramente libere, senza il peso di aspettative sociale e senza la necessità di definirsi in relazione agli uomini? Cosa potremmo scoprire sul vero potenziale umano se ogni individuo, indipendentemente dal genere, avesse l’opportunità di esprimersi pienamente?

L’adozione di una prospettiva che metta in discussione il ruolo tradizionalmente assegnato agli uomini nella definizione del valore femminile è più di una semplice tendenza. È un invito a riflettere su come possiamo contribuire a un futuro in cui ogni persona sarà valutata per chi è realmente e per ciò che può effettivamente contribuire al mondo. Le giovani generazioni osservano e imparano; la loro visione del possibile si espande quando vedono donne che prendono decisioni autonome. Ma siamo pronte/i a rispondere a questa chiamata?

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