Da tempo si continua a parlare di un’imminente riforma delle “indicazioni geografiche” a livello comunitario, che interesserà le Dop, Igp e Stg dell’Unione europea e, in particolar modo, tutte le eccellenze enogastronomiche italiane. A quanto si apprende, questa riforma metterà in campo una vera e propria “rivoluzione” nel sistema, con l’obiettivo di estendere questo riconoscimento anche a produzioni non agroalimentari, interessando così altri settori quali l’artigianato e il mondo delle produzioni di qualità industriali (dal design all’abbigliamento).
Così, passeremo dal classico bollino Dop che ritroviamo oggi sul “pane di Altamura” a ritrovarlo sulle ceramiche di Grottaglie o sul fischietto di Rutigliano; un’estensione per far riconoscere al consumatore la qualità dei prodotti che potrebbero forse generare qualche confusione.
Il rischio, infatti, potrebbe essere quello di snaturare la protezione legata ai bollini Dop e Igp, generando confusione nei consumatori che già ora, per esempio, non hanno per nulla chiara la differenza tra i diversi marchi, disciplinari e regole da rispettare per la certificazione di un prodotto di qualità e origine.
Certo, diciamo subito che tutto quello che rende chiaro al consumatore e visibile per la comunicazione del prodotto in termini di qualità, origine, tipicità, unicità va sempre bene e permette di avere un consumatore “consapevole” della sua scelta ma, allo stesso tempo, prima di ampliare la gamma di prodotti a marchio anche nel campo non alimentare, sarebbe forse opportuno garantire una maggiore conoscenza da parte dei consumatori su quello che custodiscono e rappresentano oggi le indicazioni geografiche.
La consapevolezza tutta italiana, e anche europea, di vivere in una realtà ricca di tradizioni, arti e mestieri, storie, culture, territori e prodotti profondamente legati alle storie dei luoghi e di piccole realtà ci mette nella condizione di voler tutelare, promuovere e valorizzare le tipicità locali di qualità attraverso le Dop e Igp ma, allo stesso tempo, c’è la necessità di garantire una tutela e valorizzazione di tutti quei prodotti non alimentari che rappresentano, nel caso del nostro Paese, un carattere distintivo importante e che si lega indissolubilmente alla riconoscibilità percepita dal consumatore per il brand “made in Italy”.
Quindi è di fondamentale importanza tutelare le produzioni non alimentari che valorizzano l’artigianalità dei territori e custodiscono processi produttivi e materie prime uniche nel loro genere ma, probabilmente, bisognerebbe tenerle distinte dalle indicazioni utilizzate per l’agroalimentare, perché oggi è già poco conosciuto questo sistema di certificazione e poco apprezzato dal consumatore (salvo le dovute eccezioni): se ora ci aggiungessimo anche i prodotti non alimentari, probabilmente potremmo solo generare confusione e disattenzione.