Mettetevi comodi: Riondino e Guidone alle prese con Fedeltà

L’ACCUSA
Regia di Yvan Attal. Presentato fuori concorso alla 78esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il lungometraggio è tratto dal romanzo di Karine Tuil, “Les Choses Humaines”, e vede protagonisti Charlotte Gainsbourg, Matthieu Kassovitz e Ben Attal. I Farel sono una super-coppia: Jean (Pierre Arditi) è un importante opinionista francese e sua moglie Claire (Charlotte Gainsbourg) una saggista, nota per il suo femminismo radicale. Hanno un figlio modello, Alexandre (Ben Attal), che frequenta una prestigiosa università americana. Durante una breve visita a Parigi, Alexandre conosce Mila (Suzanne Jouannet), figlia dell’amante della madre, e la invita a una festa. Il giorno dopo, Mila sporge denuncia contro di lui con l’accusa di stupro, distruggendo l’armonia familiare e mettendo in moto un’inestricabile macchina mediatico-giudiziaria che presenterà verità opposte. «L’intera sfida è racchiusa nella possibilità di realizzare un film che non sia manicheo, senza che ciò possa essere interpretato come un tradimento della causa delle donne/vittime. L’idea è quella di calare il pubblico nei panni di un giurato, che in ogni momento si chiede cosa deve pensare per arrivare a fare giustizia», ha precisato Attal.

BELFAST
Di Kenneth Branagh. Candidato a sette Premi Oscar®, racconta la commovente e ironica storia di Buddy, un bambino di nove anni che sogna un futuro di riscatto e successi nell’Irlanda del Nord – siamo alla fine degli Anni ’60 – sconvolta dai Troubles, ovvero il conflitto tra cattolici repubblicani e protestanti unionisti. «Ci ho messo 50 anni a trovare il modo giusto per scriverne, il tono che volevo. La storia della mia infanzia, che ha ispirato il film, è divenuta la storia del momento della vita di tutti, in cui il bambino passa all’età adulta e perde l’innocenza. Quel punto di svolta, a Belfast nel 1969, fu accelerato dai tumulti che scoppiavano intorno a noi», ha rivelato Branagh.
Ad Alice nella Città 2021 si è aggiudicato il premio per la migliore regia «per essere riuscito, attraverso lo sguardo di un bambino, a raccontare una storia che mette i sentimenti più profondi al servizio di una tecnica esemplare».
FEDELTÀ
Diretto da Andrea Molaioli e Stefano Cipani. Pur essendo uscita su Netflix il 14 febbraio, la serie continua a essere alta in classifica. Senza dubbio il tema è calamitante, ma al contempo poteva celare delle insidie, in primis la retorica. “Fedeltà” ne è alla larga e ci immerge nella quotidianità di una coppia, di cui, talvolta, ci dimentichiamo che è costituita da due esseri umani: individualità che si innamorano. Poi, qualcosa può accadere – inconsciamente e non – e bisogna farci i conti. Un plauso va in primis ai protagonisti Lucrezia Guidone e Michele Riondino per il livello di credibilità raggiunto (anche in questo caso sia in due che incarnando il proprio personaggio). «Un amore chiede fedeltà. Ma a chi? Questa è la domanda da cui sgorgano le vicende emotive dei protagonisti. Perché arriva un punto dove la fedeltà non è solo una scelta, un sistema culturale di riferimento, un modello, ma uno strumento per conoscere i limiti», evidenzia Molaioli. «La serie tratta con eleganza e profondità il tema del tradimento e della fedeltà. L’insinuazione del sospetto misura le fragilità dell’amore e fa di “Fedeltà” una lucida analisi sul concetto di coppia nella nostra società, veloce, dinamica, attiva e tentatrice», gli fa eco Cipani.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version