Esplorare le città è sempre un po’ una gioia per gli occhi e per il cuore. E figurarsi quando se ne visita una che porta proprio questo nome. Ok, a dire il vero, sarebbe Gioia del Colle e non solo Gioia, ma ora non fate troppo gli schizzinosi, suvvia, e apprezzate invece la poesia della frase. Sennò vi tiro fuori la freddura che “i gioiesi” semmai dovrebbero chiamarsi “gioiosi” e vi mando, per depressione fulminante, direttamente dallo psicanalista più vicino.
Dunque, dove eravamo rimasti? Ah sì, parlavamo di Gioia del Colle. Quel piccolo confetto posto a metà strada un po’ da tutto in zona. Da Bari, da Taranto, da Matera, da Santeramo in Colle, da Turi, da Putignano. La finisco qua perché l’elenco è lungo e mo’ finisce l’articolo. Una città nota soprattutto per la sua prelibata mozzarella o per il suo buon vino, ma che possiede tante altre “gioie” incastonate dentro di sé. A cominciare dal castello normanno-svevo, una meraviglia che poco ha da invidiare ad altri e di cui non posso davvero esimermi dal parlare. Per via non solo del suo imponente aspetto estetico, ma anche e soprattutto per due particolarità da segnalare: il museo archeologico (davvero di tutto rispetto), e una leggenda che poi, forse, tanto leggenda non è.
Qualcuno sostiene, infatti, che al suo interno dimori ancora oggi lo spirito di Bianca Lancia, la quarta moglie di Federico II di Svevia. Qualcuno dice addirittura di averlo visto fluttuare all’interno del maniero e che esso si sia dislocato anche in altri castelli federiciani italiani. Lo so, sembra una puntata di “Voyager” e io non sono certamente Roberto Giacobbo, ma proverò comunque nei limiti del possibile e nel mio piccolo di fare un poco di chiarezza. Il suo vero nome sarebbe stato Bianca D’Agliano e sarebbe stata figlia di Bonifacio I d’Agliano, conte di Agliano e Mineo e signore di Paternò. Si narra che costei fu rinchiusa in una delle due torri del maniero da Federico II per un sospetto adulterio. La donna, dopo aver proclamato sempre invano la sua innocenza, si sarebbe mutilata (amputandosi i seni che fece recapitare su un vassoio all’imperatore) per poi di lì a poco morire. Verità o fantasia, si può sempre provare a fare un salto di persona e a vedere di reperire informazioni dalla diretta interessata. Nell’epoca dei media non è escluso che appaia e rilasci interviste. Fatto sta che questa leggenda aggiunge ulteriore fascino alla visita di uno dei più bei castelli in assoluto. Uno dei principali punti attrattivi di un luogo che, tuttavia, merita d’esser visitato anche per tanto altro e che forse nasconde un potenziale non ancora del tutto ben espresso.