La Farmacia della Natura: così l’omeopatia aiuta i pazienti oncologici

Era il 1971, quando, il presidente americano Richard Nixon dichiarava ufficialmente guerra al cancro. Ma cosa è successo a 51 anni di distanza? Sicuramente le notizie sono incoraggianti, in quanto dal punto di vista epidemiologico i dati europei indicano un calo della mortalità dal 2015 a oggi pari al 7% circa per gli uomini e al 5% circa per le donne. In Italia la situazione sembra migliore, con una riduzione dei decessi di quasi il 10% per gli uomini e dell’8% per le donne. Ma se un traguardo importante è stato raggiunto, un obiettivo che non bisogna perdere di vista è la qualità di vita del paziente oncologico.

Ecco perché parlare oggi di oncologia integrata non è più un’eresia, in quanto sempre più medici prendono in considerazione l’idea di accompagnare le cure oncologiche tradizionali quali chemio e radioterapia, con medicinali diversi, in primis omeopatici e fitoterapici, associando spesso anche funghi terapeutici (micoterapici) e probiotici. Questa tendenza è particolarmente diffusa in Francia, dove un recente studio osservazionale, che ha coinvolto 150 oncologi con e senza formazione omeopatica, ha evidenziato che oltre il 50% di loro pensa che l’omeopatia sia utile nelle cure di supporto in oncologia e indirizza i propri pazienti verso medici specialisti in questa branca. Non solo, una pubblicazione sulla rivista “The Oncologist” del 2020 evidenziava come l’omeopatia migliorasse la qualità di vita di soggetti affetti da carcinoma polmonare avanzato non a piccole cellule durante la chemioterapia. Lo studio, svolto in doppio cieco, aveva riguardato 150 pazienti. Inoltre l’omeopatia, sembra efficace per contrastare anche sintomi quali astenia, dolore, nausea, ansia, tristezza e diarrea indotti dai più comuni farmaci oncologici usati per la maggior parte delle neoplasie.
Ma se la sinergia della chimica con il naturale può solo fare bene ai malati oncologici, bisogna anche liberare il campo dalle tante leggende metropolitane, rilanciate dal web, che a volte rendono il mondo delle medicine complementari patria di teorie astruse, che gettano solo dubbi sul lavoro di tanti professionisti seri. Per fare chiarezza diciamo che i clisteri di caffè non curano il cancro, come affermato su alcuni siti internet, e la stessa cosa vale per l’acqua e limone o per una tisana, di cui per evitare inutile pubblicità, non faccio il nome commerciale, tradizionalmente usata dagli indiani d’America e resa nota da un’infermiera canadese. Inoltre lo zenzero non è molto più potente di alcuni chemioterapici, come rilanciato in maniera eclatante sul web, riprendendo in maniera parziale e modificandolo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “PLos One”, che si riferiva ad un derivato dello zenzero, ovvero il 6-shogaol e la sua azione in vitro e non in vivo. Sicuramente questa radice può essere utile, invece, per contrastare alcuni sintomi indotti dai chemioterapici, quali nausea e vomito.
Attenzione, però, alla dieta. Una delle ricerche più importanti, svolte in campo oncologico, ovvero lo studio Epic, ha messo in correlazione oltre 10mila casi di tumori mammari ormono-sensibili insorti in 300 mila donne seguite per 15 anni con i grassi saturi di chiara origine animale. Questo, ovviamente, non significa diventare vegetariani, come grandi nomi della cultura e della medicina, ma almeno ridurre in maniera significativa l’apporto di proteine animali. Inoltre la componente francese della ricerca, ha stigmatizzato l’uso dei grassi trans di provenienza industriale, presenti in prodotti quali patatine e merendine. Altre autorevoli fonti hanno evidenziato il ruolo preventivo degli omega 3 (olio e semi di lino, noci, soia, poi gli altri legumi, vegetali a foglia verde e germe di grano), dei lignani (presenti in vegetali, frutta e cereali) e delle fibre.

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