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La farmacia della natura: contro la depressione a volte basta un fiore

La presenza di un'assenza: in questo ossimoro c'è la storia della signora Maria. Capelli raccolti all'indietro, occhi piccoli e scuri, voce bassa: «Dottore, da quando mio marito non c'è più, io ho smesso di vivere». È una storia triste la sua, una storia come tante, che ogni giorno raccolgo in studio. Settantotto anni, vedova da…

La presenza di un’assenza: in questo ossimoro c’è la storia della signora Maria. Capelli raccolti all’indietro, occhi piccoli e scuri, voce bassa: «Dottore, da quando mio marito non c’è più, io ho smesso di vivere».

È una storia triste la sua, una storia come tante, che ogni giorno raccolgo in studio. Settantotto anni, vedova da quarantacinque, due figli cresciuti praticamente da sola. Non c’è nessuno che ricordi un suo sorriso, nemmeno il giorno della laurea di Lucia, la figlia maggiore, quella che l’ha convinta a farsi visitare da me, solo a patto di non prescriverle farmaci, ma esclusivamente, come dice lei, cose naturali. Tecnicamente si potrebbe parlare di sindrome di Penelope, una patologia individuata recentemente, che riguarda persone anziane con un disagio psicologico contraddistinto da uno stato di tristezza ingravescente, che sconfina nella depressione. Sembra che un’anziana su cinque soffra di questo disturbo e che avvinghiata da una morsa di malinconica apatia, eviti di incontrare persone e scelga una solitudine pregna di frammenti del passato, da cui non riesce e non vuole liberarsi. Fondamentale per la signora Maria è l’ancoraggio al presente, farla concentrare sulle cose che sente, che vede, sui gesti che ogni giorno svolge, troppo spesso meccanicamente. Il qui e ora dev’essere la pietra angolare sulla quale costruire i suoi nuovi riferimenti temporali. Inoltre, secondo alcune scuole, è indispensabile separare il dolore dalla causa. La signora Maria deve vivere il suo dolore in quanto dolore e non come perdita, e da questo dolore lasciarsi attraversare fino a quando senza più il motivo che l’ha causato, lo sentirà lievemente affievolire.
Ma esistono anche due fitoterapici in grado di aiutarla: la griffonia e l’iperico. Quest’ultimo è in grado di alleviare il suo malessere, in quanto efficace nelle sindromi depressive di lieve o media entità. Noto pure come erba di san Giovanni, nell’antichità gli sono stati attribuiti proprietà magiche, come quella di proteggere dalle streghe o di impedire ai demoni di entrare in casa. Il suo potere vulnerario, invece, è descritto dalla farmacopea, ma era già noto ai tempi delle crociate, in quanto veniva adoperato per questo motivo dai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Altre proprietà verificate sono quella ansiolitica e quella antinfiammatoria. Attenzione all’interazione con anticoagulanti, anticoncezionali e tante altre classi di farmaci.
La griffonia, invece, agisce sul tono dell’umore grazie alla presenza del 5-idrossitriptofano, un precursore della serotonina. Anche una miscela di essenze floreali può essere un valido supporto per aiutare la signora Maria. Nello specifico gentian, la genziana, per lo stato depressivo reattivo, wild rose, la rosa canina, per l’apatia, honeysuckle, la lonicera caprifolium, per spezzare quell’ancoraggio a eventi o cose legate a quando il marito era vivo. A questi tre fiori di Bach va aggiunto forget me not, il myosotis, che fa parte delle essenze californiane, per aiutare la signora Maria a vincere la solitudine, metabolizzando finalmente la mancanza. Conosciuto anche come “non ti scordar di me”, deve la sua notorietà a una leggenda tedesca secondo la quale due fidanzati passeggiavano lungo le rive del Reno e il ragazzo, mentre raccoglieva questi fiori azzurri per la ragazza, scivolò in acqua. Travolto dalla corrente riuscì soltanto a lanciare il mazzetto alla fidanzata gridandole appunto: «Non ti scordar di me». Sembra che anche Edoardo VIII amasse questo fiore: nel 1937, quando sposò Wallis Simpson, per amore della quale aveva abdicato al trono d’Inghilterra l’anno precedente, volle che la loro casa fosse decorata da decine di mazzetti di myosotis e che l’abito della sposa avesse quella stessa tonalità di celeste.

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